Il Brasile di Temer
Come rafforzare l’esclusione sociale. I condannati all’invisibilità
Oggi il Brasile vive una crisi generalizzata, come un barcone alla deriva, abbandonato alla mercé dei venti e delle onde. Il timoniere, il presidente Temer, è accusato di crimini, circondato da marinai-pirati, in maggioranza (con nobili eccezioni) ugualmente corrotti o accusati di altri crimini. Un presidente detestato dal 96% della popolazione, senza nessuna credibilità, senza carisma. Impavido, continua a stare nel Palazzo, comprando voti, distribuendo benefici, corrompendo per evitare di rispondere al Supremo Tribunale Federale, alle pesanti accuse di cui è imputato. In qualsiasi posto appaia in pubblico, si sente subito il grido: “Via, Temer”.
Una vergogna internazionale essere arrivati a questo punto, dopo aver conosciuto l’ammirazione di tanti altri paesi per le politiche coraggiose a favore delle grandi maggioranze impoverite, grazie ai governi progressisti Lula e Dilma.
Può la diffamazione degli oppositori, di tutti i mass media appoggiati da gruppi legati allo establishment internazionale che vuole mettere tutti in linea con le sue strategie, tentare di demonizzare la figura di Lula e smontare il merito dei benefici che lui aveva offerto ai diseredati della terra? Il popolo sa e testimonia, Lula è sempre stato al fianco dei poveri. Più che pane, luce, casa, accesso all’educazione tecnica o superiore, ha restituito dignità; a coloro che erano condannati all’invisibilità sociale. Questi, a cui l’attuale presidente sta togliendo tutti i diritti guadagnati con le amministrazioni Lula e Dilma, messi a tacere, adesso si sentono nuovamente rappresentati da lui.
Lula, un leader che serve una causa superiore a lui stesso, quella dei senza nome e senza voce, dei senza diritti. Questo tipo di leader fa cose che sembrano impossibili. Questo si percepisce in queste settimane in Brasile nelle parole di molti: “Scegliendo lui, noi stiamo votando per noi stessi. Fino ad oggi eravamo obbligati a votare qualcuno tra i nostri oppressori, adesso votiamo uno dei nostri che può rinforzare la nostra liberazione”.
Il popolo sta soffrendo molto nel costatare che l’attuale governo è unicamente impegnato a cancellare e interrompere il processo di partecipazione e di dignità per tutti, ha cancellato l’80% del programma sociale, violando la democrazia e la Costituzione, con riforme e privatizzazioni, perfino con la vendita di terre nazionali a stranieri.
Una nuova colonizzazione per essere meri esportatori di commodities invece di creare le condizioni per trasformarle direttamente nello stesso Brasile. Questo fa sì che l’attuale presidente e il suo governo siano dei venditori ambulanti delle ricchezze del loro paese, indifferenti alla sorte di milioni di brasiliani che dalla povertà dignitosa stanno cadendo sempre più nella miseria e dalla miseria nell’indigenza.
Gli attuali “gestori” della politica non solo stanno tradendo le aspettative della gente, ma rappresentano soprattutto interessi personali e corporativi, in particolar modo di coloro che gli hanno finanziato la campagna elettorale. Sono decuplicate le persone che vivono in strada, i centri sociali e le associazioni sono continuamente visitate da persone che hanno perso il lavoro e che chiedono un pasto.
Oggi le multinazionali e i potenti continuano ad alimentare l’esclusione sociale, facendo ricorso all’evasione fiscale, massimizzando i profitti comprimendo verso il basso i salari e usando il loro potere per influenzare la politica e finanziare l’economia.
Il sistema è incentrato su investimenti di denaro che generano denaro e poi ancora denaro a non finire. Con il risultato che l’economia reale, quella della ricchezza prodotta dal lavoro, è di fatto soppiantata da quella finanziaria.
Basta pensare che l’import-export di beni e servizi, a livello mondiale, è stimato intorno ai 17 mila miliardi di dollari all’anno, mentre il mercato valutario ha superato abbondantemente i 5 mila miliardi al giorno. Ecco che allora, alla prova dei fatti, nel mondo circola più denaro in quattro giorni sui circuiti finanziari che in un anno nell’economia produttiva reale.
C’è l’urgenza di disaffezionarsi da tutto ciò che è personale. Riscoprire giorno dopo giorno l’aspetto collettivo, la contiguità e l’interazione. Solo così potremo dare un contributo a questa società incancrenita dall’egoismo e dell’egocentrismo, e accettare la sfida del “noi”.
Concludiamo manifestando solidarietà all’amico don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (Pistoia), per le gravi minacce ricevute anche in questi giorni, in virtù della sua scelta di aver ospitato migranti e senza casa italiani nelle due parrocchie dove opera. Accogliere è apertura, non è solo ospitare ma ricevere. Accogliere è sovversivo, rompe la fede dei muri.
L’accoglienza di don Massimo è una risposta al mare che vide un giorno partire le caravelle dei conquistatori e oggi vede arrivare i figli dei conquistati, che chiedono giustizia e riparazione anche a costo della propria vita.