La Marcia per la giustizia. Un nuovo inizio per la Turchia?
In migliaia si marcia da Ankara a Istanbul. Per diritti, legge e giustizia
Lunga venticinque giorni e 450 km, la Marcia per la giustizia di Kemal Kılıçdaroğlu, capo del CHP, il maggior partito di opposizione in Turchia, si è conclusa con una manifestazione alla quale hanno partecipato centinaia di migliaia di persone.
Cominciata il 15 giugno, il giorno dopo la condanna a venticinque anni di carcere del parlamentare del CHP Enis Berberoğlu per aver fornito al quotidiano Cumhuriyet informazioni riservate sui camion dei servizi segreti turchi che trasportavano armi, anziché medicinali, in Siria, la marcia da Ankara a Istanbul è stata per volontà di Kılıçdaroğlu apartitica e ha avuto il solo slogan “diritti, legge, giustizia.”
Lodata da molti come la prima vera iniziativa presa da Kılıçdaroğlu che non fosse una semplice risposta a iniziative dell’AKP di Recep Tayyıp Erdoğan, la marcia è stata a tratti presa in giro dal governo, più spesso minacciata. “Abbiamo treni veloci che connettono Ankara a Istanbul”, “Kılıçdaroğlu sta provando solo 450 km dei 4000 km di strade che abbiamo realizzato negli ultimi quindici anni”, ha detto il Primo ministro Binali Yıldırım, mentre il Presidente Erdoğan ha addirittura affermato che non c’è differenza tra chi ha tentato il colpo di stato lo scorso 15 luglio e chi marciava. Kılıçdaroğlu non si è fatto intimidire e ha continuato. Se all’inizio lo scetticismo sull’efficacia della marcia era diffuso, chilometro dopo chilometro, in un caldo torrido, il Gandhi turco, come è sovente chiamato in patria per via della somiglianza fisica con il mahatma, ha finito per essere accompagnato da migliaia di persone dalle idee politiche molto diverse ma determinate a chiedere giustizia per tutti.
La principale critica a Kılıçdaroğlu è che la marcia è troppo poco e arriva troppo tardi. Secondo il dottorando Ömer “Questa marcia pacifica avviene troppo tardi, specialmente da parte di Kılıçdaroğlu. Ha dormito per troppo tempo come capo del CHP. In tanti lo hanno preso in giro per l’assenza di carisma e qualità di leader, e sono d’accordo. Continuo a chiedermi: dove è stato? Penso che abbia raggiunto un punto tale da vergognarsi di continuare a rimanere in silenzio. Quello che come partito hanno ignorato per tanto tempo, comincia adesso a condizionarli negativamente. La marcia sarebbe stata seminale se Kılıçdaroğlu l’avesse organizzata anni addietro o se non si fossero lasciati prendere dall’apatia. Nonostante tutto, la gente ha ricominciato a sperare. Mi chiedo se questo movimento sarà l’inizio di un cambiamento o finirà tutto con la fine della marcia. Posso solo sperare che l’iniziativa trascenda la marcia, così da sviluppare una propria identità e continuare a crescere”.
C’è chi è ancora più severo nei confronti del leader del CHP, come il docente universitario Ethem “Kemal Kılıçdaroğlu ha fatto molti errori. Errori importanti che hanno aumentato il nostro dolore e la nostra agonia. Il primo grosso errore che ha fatto è stato appoggiare la candidatura alla presidenza di Eklemeddin Islamoğlu. Il secondo gravissimo errore è stato appoggiare l’abolizione dell’immunità parlamentare. La marcia per la giustizia ha solo allungato leggermente la sua vita politica, niente di più. Può questo avere conseguenze positive per le nostre vite? Purtroppo no. Ci dà una speranza senza contenuto. Una falsa speranza”.
Più positiva è invece Lale, un’architetta “La marcia non deve essere considerata il lungo cammino di Kılıçdaroğlu. L’iniziatore è lui e, a sessantanove anni, ha dimostrato di avere tantissima energia e forza. Ma Kılıçdaroğlu ha marciato per la democrazia, la giustizia e le generazioni future e durante il cammino è stato accompagnato da decine di migliaia di persone. Il problema è se questa opportunità verrà usata per iniziare un cambiamento sociale e promuovere comprensione, tolleranza e una rinnovata fiducia nella giustizia e nella democrazia. Purtroppo ho i miei dubbi. Anzitutto, il governo ha ignorato qualsiasi movimento civile che non ne abbia avuto l’approvazione, al punto da chiamarne i simpatizzanti terroristi. Le richieste della società civile vengono sistematicamente ignorate. In secondo luogo, c’è il problema dei media: una stampa libera è prerequisito fondamentale per la democrazia, ma al momento così non è. In terzo luogo, la destra conservatrice in Turchia continua a usare la tattica del divide et impera, creando spaccature profonde nella società. E infine la sinistra turca continua a essere incapace di unirsi per uno scopo comune. Nonostante tutto, qualcosa sembra essersi svegliato. Questo movimento ha mostrato che non è ancora il momento di rinunciare a lottare e che il cuore del paziente ha ricominciato a battere. C’è ancora speranza.”
Pelin è un’attivista, eppure non ha seguito la marcia per la giustizia “Non ho neanche seguito le notizie su giornali e telegiornali, perché non credo che il CHP possa cambiare nulla. Quello che hanno fatto di recente continua a fare il gioco politico dell’AKP. D’altro canto, mi piace il fatto che partiti e organizzazioni tra loro molto diversi abbiano appoggiato la marcia, incluso l’HDP (il partito filo-curdo, ndr). Hanno davvero creato una marcia inclusiva al di fuori delle politiche di partito. Ho poca speranza che questa marcia significhi molto. Ma ero comunque presente alla manifestazione di chiusura per alzare la voce in favore del direttore e del presidente di Amnesty International in Turchia, che sono in stato di arresto, e di tutti i difensori di diritti umani, tutti gli attivisti e tutte le altre persone che sono in prigione per la smania di potere del governo”.
Gülnaz, una fotografa, ritiene che la marcia potrà essere considerata un successo solo se darà concrete risposte a concrete domande “La marcia per la giustizia è importante. Per la prima volta il CHP ha preso l’iniziativa, anziché opporsi passivamente e fare niente. È cominciata con la condanna del parlamentare CHP Enis Berberoğlu per lo scandalo dei camion dei servizi segreti, ma ritengo che debba includere e rivolgersi a molte altre persone. Una generica richiesta di giustizia non basta. Tutti i parlamentari e i giornalisti in prigione devono essere liberati e tutte le decisioni sbagliate prese sotto lo stato di emergenza devono essere corrette: queste richieste devono essere esaudite. Non può esserci una marcia per la giustizia che non includa i parlamentari dell’HDP Figen Yüksedağ, detenuta nella prigione di Kandıra, e Selahattin Demirtaş, detenuto a Edirne. Se lo slogan è ‘giustizia per tutti’, allora che sia davvero così”.
Davanti a centinaia di migliaia di persone Kılıçdaroğlu ha detto che la fine della marcia per la giustizia segna un nuovo inizio. Fino a che punto sia vero è presto per dirlo, ma tutte le famiglia con bambini, e addirittura con neonati, che hanno partecipato a un evento a rischio di attacchi terroristici in un periodo in cui gli stranieri non pensano neanche di andare a Istanbul per timore della propria sicurezza, mostra che i turchi continuano a combattere con coraggio per un futuro più democratico, giusto e laico.