Brasile – Il golpe contro Mani Pulite
E ora, ricominciare a far giustizia
Il Brasile sta pagando le conseguenze politiche ed economiche del Golpe parlamentare, spacciato come impeachment per crimini di responsabilità.
L’ex presidente Dilma Rousseff è stata accusata di aver disposto tre decreti di credito supplementare senza l’approvazione del Congresso e di aver ritardato la restituzione di 3,5 miliardi di reais (circa 950 milioni di euro) al Banco do Brasil. L’accusa sostiene che la Rousseff abbia truccato i bilanci dello Stato, nascondendo la reale situazione economica del Paese. La difesa ritiene di aver agito nei limiti della legge e denuncia una grande manovra politica per destituirla e favorire l’ascesa di Michel Temer, eletto come suo vice e oggi Presidente.
Il grande manovratore dell’impeachment è stato Eduardo Cunha, ex presidente della Camera, oggi in carcere con gravi accuse di corruzione. Lui e i suoi amici hanno effettuato un golpe per impedire che le indagini della Lava Jato “Mani Pulite” brasiliane, arrivassero fino a loro.
È certo che Dilma e il suo governo abbiano fatto errori ma non crimini. Perfino la commissione di periti convocata dal Senato ha concluso che non c’era nessun crimine da parte del governo. Il Pubblico ministero ha fatto un’analisi simile, concludendo che quelle pratiche erano comuni fra tutti i Presidenti dal 1992 a oggi. La classe politica ha voluto punire Dilma perché non aveva ricevuto tangenti, non aveva conti all’estero e così hanno criminalizzato la sua gestione fiscale di governo, sostenendo che tre decreti di credito supplementare – che finanziavano scuole, ospedali e carceri – erano stati emessi senza l’autorizzazione del Congresso. Queste spese rappresentavano lo 0,014% del bilancio e sono state fatte senza l’autorizzazione del Congresso, perché la legge prevede che il Presidente possa disporre crediti supplementari.
Hanno anche detto che il sostegno all’agricoltura non era una politica di sussidio, ma di credito. E siccome il credito proveniva da una banca statale – ed è proibito che una banca statale presti soldi al governo – si sono inventati che fosse un crimine. Non lo è mai stato e dal 1992 esiste una legge in cui non è prevista alcuna partecipazione diretta del Presidente.
Eduardo Cunha, il grande promotore del processo d’impeachment, oggi è detenuto nel carcere di Curitiba con accuse di corruzione nell’operazione Lava Jato. Avrebbero potuto arrestarlo prima dell’inizio dell’impeachment, perché le accuse erano le stesse del momento della detenzione, ma hanno lasciato che svolgesse le sue funzioni affinché destituisse Dilma.
Il leader del governo al Senato Romero Jucá – del PMDB, partito di maggioranza, di Cunha e Temer – è stato intercettato mentre diceva che era necessario allontanare Dilma “per fermare l’emorragia”. Si riferiva alle indagini che avrebbero potuto colpire lui e tutto il PMDB. A chi interessava che Cunha rimanesse al suo posto? Al Presidente Temer, ad alcune frange della magistratura e alla stampa. Cunha rimane uno dei più corrotti politici brasiliani, con milioni di dollari in conti all’estero: Svizzera e Panama. Era convinto di salvarsi dal carcere per aver “accolto” di montare l’impeachment della Presidente.
La politica in Brasile ha sempre vissuto di corruzione. A lungo le cose sono state nascoste sotto il tappeto, pur sapendo. Non s’investigava; non c’era una legislazione che consentisse di farlo. Solo nel 2013 il governo Dilma ha approvato una legge che favorisse le collaborazioni di giustizia, rendendole uno strumento efficiente per le investigazioni.
Dopo l’elezione del 2014 il governo Dilma evita la crisi, voleva impedire che il Brasile vivesse una forte contrazione economica e che la disoccupazione esplodesse, ha proposto la riduzione delle tasse. Una decisione per incentivare gli investimenti privati, tramite interessi bassi e molto credito. Eppure il settore privato non ha reagito. La riduzione delle imposte non si è trasformata in nuovi investimenti, bensì in profitti maggiori per le imprese. Si è poi saputo in queste ultime settimane che già all’indomani della sua seconda elezione sono iniziate le manovre per “comprare” centoquaranta eletti. Dilma era invisa a una buona parte della Magistratura, della Polizia federale e al grande capitale, che non avevano né gradito, né digerito la sua nuova elezione.
L’attuale situazione ha fatto sì che i Movimenti popolari si coagulassero e ritornassero a fare politica insieme. Oggi non si vedono all’orizzonte nuovi leader politici. Lula riscuote ancora un grande appoggio popolare, il governo e la parte della magistratura legata ai “golpisti” stanno “lavorando” affinché possa essere ricevere una condanna per impedirgli di ricandidarsi.
Oggi il Brasile necessita di riforme strutturali – fiscale, politica, agraria – che garantiscano la sovranità nazionale contro la vendita di terre al capitale straniero e la difesa dei beni della natura – l’acqua in particolare: gli Stati Uniti, dopo il Golpe istituzionale da loro favorito in Paraguay, stanno costruendo al confine con l’acquifero Guarani una base militare.
Per il politologo e storico brasiliano Moniz Bandeira “Ciò che gli Stati Uniti non vogliono è il Brasile con i sottomarini nucleari, non vogliono una potenza regionale in Sud America, per non parlare dei legami con Cina e Russia. E c’è un dettaglio ignoto al popolo brasiliano: la lotta sulla valuta di riserva internazionale. Il fatto che gli Stati Uniti hanno il diritto di stampare tutti i dollari che vogliono e che il dollaro sia la valuta internazionale: è quella l’egemonia degli Stati Uniti. Ed ciò a cui Cina e Putin vogliono porre fine, questa è la ragione dei BRICS (Brasile Russia India Cina Sudafrica)”.
Tutte le vicende politiche negli stati Sudamericani,sono ispirate dalla politica degli Stati Uniti. Hanno fatto e continuano a fare il bello ed il cattivo tempo. Sono gli ispiratori occulti delle rivoluzioni e dei colpi di stato.Chi si ribella viene prima o dopo messo in condizioni di non nuocere. Chi è che ormai non capisce questi elementari concetti ?