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Rimozioni di Peppino

Da nord a sud, un “personaggio scomodo”

Ancora oggi Peppino Impastato, a trentanove anni dalla sua morte, rimane un personaggio scomodo per le sue scelte ideologiche e per il suo modo di fare informazione. Nel suo nome ne sono state fatte e dette di tutti i colori. Sono ormai cinquecento le piazze e le vie d’Italia intestate a lui, ma su alcune val la pena di soffermarsi. Alcuni di questi episodi sono descritti in un capitolo del libro Era di passaggio, ma già, ad oggi, si sono verificate altre situazioni.

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Isnello: nel 2000 il sindaco Mogavero di Isnello un paesino delle Madonie, di Rifondazione comunista, aveva intitolato una via a Peppino, facendone incidere l’indicazione in un grande ceppo di pietra. Sull’onda del berlusconismo, nel 2002 il nuovo sindaco (Forza Italia) dispone la rimozione del ceppo con l’intenzione di rinominare la via “Vittime della mafia”. Si mobilitano i gruppi più sensibili dell’antimafia siciliana, per chiedere che il ceppo sia reinstallato, ma poiché, malgrado l’ultimatum di quindici giorni, non se ne fa niente, i compagni di Isnello, sostenuti dalla popolazione, provvedono, a loro spese, a noleggiare una motopala e, con una grande manifestazione, rimettono il ceppo al suo posto. Alcuni giorni dopo il sindaco lo fa togliere di nuovo. La vicenda sarà chiusa il 23 gennaio 2008, allorché il nuovo-vecchio sindaco Mogavero farà reinstallare il ceppo. Si spera definitivamente.

Ponteranica: altra rimozione è portata avanti da tal Aldegani, neosindaco leghista di un paese della lontana Padania, che appena eletto decide di cambiare il nome della biblioteca, intestata a Peppino Impastato, con quello di un padre “sacramentino”, tal Giancarlo Baggi, il cui merito è di essere stato un appassionato di storia locale: “Non ho nulla contro Impastato – dice il padano  –  ma preferiamo, con le strutture del territorio, rendere memoria a una personalità che ha contribuito ad accrescere il prestigio di Ponteranica”. Viene spontaneo chiedersi, dopo questa battuta ipocrita: “Ma non c’erano in tutto il paese altri spazi da dedicare al padre sacramentino? Perché rimuovere Peppino?” E la risposta è facile: Peppino è un terrone, oltre che essere un comunista antipatico e rompiballe. Conclusione: alla fine il sindaco leghista l’ha spuntata, malgrado una manifestazione di 10mila persone e il parere contrario dei padri sacramentini e Peppino Impastato ha dovuto contentarsi di una piccola biblioteca di un’associazione locale. Sulla questione è intervenuto anche Sgarbi, che ha dato ragione al sindaco leghista, sostenendo che invece egli avrebbe intestato una biblioteca a Impastato a Salemi, il paese siciliano di cui era sindaco. Naturalmente non ne ha fatto niente.

Termini Imerese: nell’aprile 2007 viene divelto, di notte, un albero piantato pochi giorni prima e intestato a Peppino: con estremo sprezzo del pericolo, gli eroi autori del gesto lasciano un cartello con la scritta: “Viva la mafia”. Non ci sono molte differenze tra questa scritta e quella lasciata dagli eroici taglialegna padani di un paesino del bergamasco che hanno ugualmente divelto un albero con il nome di Peppino: è uguale l’intenzione di distruggere tutto quanto può ricordare un momento d’impegno contro la mafia e contro le violenze di chi detiene il potere.

Prizzi: la giunta del Comune di Prizzi, paese della Sicilia, superando mugugni e posizioni contrarie, ha deliberato nel maggio del 2005 di intestare a Peppino Impastato un campetto di calcio. Contro questa decisione, opera dei soliti cattivi comunisti che agiscono nell’ombra, si schiera un’associazione prizzese. “Ad Maiora”, con un comunicato, scrivendo fra l’altro: “Non si può intitolare una struttura sportiva ad un politico, e qui ci vogliamo fermare, che forse neanche sapeva dove si trova Prizzi e che per titolo di cronaca non era neanche uno sportivo. Cosa c’entra lo sport con la mafia e principalmente con la politica?”. Facile la risposta da me inviata: “Secondo questa logica non bisognerebbe intestare l’aereoporto di Punta Raisi a Falcone e a Borsellino, perché non sono piloti, non bisogna intestare, a Prizzi, strade a Pirandello, Leopardi, D’Annunzio, perché non sono di Prizzi”. Alla fine dopo tre anni di sosta ho avuto il piacere di intitolare l’impianto sportivo a Peppino, con il nuovo sindaco.

Mazara del Vallo: pochi giorni dopo l’affissione della lapide che intitolava una via a Peppino Impastato, ignoti  –  difficile chiamarli vandali, stronzi, imbecilli  –  hanno rotto la lapide facendone trovare i pezzi per terra, fra l’altro composti in modo da rendere leggibile sia il nome che il messaggio. È passato diverso tempo per il ripristino, così come diverso tempo è passato a Terrasini, dopo che nel ’96 il lungomare era stato intestato a Peppino e dopo che due lapidi erano inspiegabilmente scomparse.

Cinisi: ma la più grottesca cancellazione o, in questo caso sostituzione del ricordo, è avvenuta a Cinisi, il Primo maggio del 2002. In contrada Molinazzo, località Quattro Vanelle e in contrada Ulivi di Cinisi, sui cartelli indicatori dei nomi delle vie, è sovrapposta, da ignota mano, una scritta con la dicitura “Via Gaetano Badalamenti – vescovo”. Le scritte sono preparate su carta adesiva, sulla quale sono incollati caratteri mobili prestampati. La scritta di Quattro Vanelle è stata sovrapposta a quella originale, che era “Via Peppino Impastato”. I vigili urbani hanno già rimosso questa seconda scritta, mentre l’altra, in contrada Olivi di Cinisi, è rimasta per qualche tempo. Non ci risulta che il vescovo di Monreale si sia in qualche modo risentito per aver visto attribuita la sua alta carica a quella di un mafioso. Ma Cinisi ha cercato di rifarsi intestando, oltre che una via, anche l’aula consiliare a Peppino Impastato, che in quell’aula non era mai entrato, ma che venne eletto consigliere comunale cinque giorni dopo la sua morte. Alla cerimonia era presente come alta carica istituzionale l’onorevole Musotto, già indagato per mafia e poi assolto, diversamente dal fratello.

Cinisi 2: nel corso delle iniziative per ricordare il 25° anniversario della morte di Peppino Impastato, alcuni alunni dell’Accademia delle Belle arti di Palermo, dopo aver chiesto permesso al proprietario, disegnano a Cinisi un murales che raffigura in otto icone diverse la stessa immagine di Peppino, con la scritta: “Ribellarsi è giusto”. Dopo qualche giorno la moglie del proprietario, una donna di ottant’anni, si presentò dalla signora Felicia Impastato, madre di Peppino, sostenendo che la notte non poteva dormire al pensiero di quell’immagine sul muro della sua casa. La signora Felicia, con molto buon garbo gli rispose: “Non voglio che lei non dorma. Faccia togliere tutto, anzi faccio togliere tutto io.” Così il murales venne coperto dalla calce, con buona pace di quella donna, la cui povera cultura, mescolata ai pregiudizi dell’ambiente circostante, alle pressioni ricevute, le impediva di accettare l’immagine di Peppino.

Partinico: 2002, per rimediare al silenzio della scuola sulla figura di Peppino, che ne fu alunno, alcuni ragazzi del Liceo Scientifico, nel corso delle iniziative per la “Giornata della creatività e dell’arte”, hanno pensato di ricomporre quel murales. Il giovane artista, Gianfranco Fiore, ha “osato”, sullo sfondo del binario che rappresentava il luogo in cui Peppino fu ucciso, disegnare alcuni giovani con le bandiere rosse, assieme alla figura di Peppino, avvolta da una bandiera della pace. Anche stavolta quelle bandiere non hanno fatto dormire qualcuno, che è andato a modificarne il colore e poi, sotto la scritta “Ribellarsi è giusto” – “Per una Sicilia senza mafia” –, ha aggiunto una curiosa nota: “senza colore politico però”. “Sappiamo –  ha detto il pittore che ha realizzato il murales –  che quattro ragazzi di destra sono andati a lamentarsi dal preside per la presenza delle bandiere rosse. Non è stato chiarito a che titolo, se con un permesso dall’alto o per spontanea iniziativa, sono state apportate le modifiche al dipinto. Di fatto viene snaturato quanto volevo rappresentare e la mia firma in quel quadro non ha più senso”. “Togliere le bandiere rosse a Peppino è come togliere l’abito talare a Padre Puglisi” è stato il mio commento.

Partinico 2: nel 2008 era stata deliberata l’intestazione di una via a Peppino Impastato, ma solo dopo tre anni grazie all’intervento dell’Associazione Impastato, quella delibera ha potuto essere portata avanti. Piccolo particolare: nella lapide è scritto: “Via Peppino Impastato, politico ucciso dalla mafia”. Sull’opportunità di dare un’identità a Peppino e di attribuirgli quella di “politico” si può discutere pro o contro, visto il livello cui è scaduta oggi la politica, ma la scelta della via è stata opportuna, perché ogni giorno vi passano un migliaio di ragazzi che vanno a scuola e non possono fare a meno di incontrare con gli occhi quella targa.

Anche a Terrasini la delibera di intitolazione di una strada a Felicia Bartolotta Impastato è rimasta nel cassetto per più di tre anni, prima di essere portata avanti, con una serie di sollecitazioni dell’Associazione Impastato.

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Castelvetrano: la nuova preside del liceo Cipolla di Castelvetrano ha dichiarato “inopportuna” l’intitolazione dell’aula magna a Peppino Impastato e Rita Atria, così come invece era già stato deciso dal Consiglio d’istituto e la richiesta di realizzazione di un murales su Peppino. La sua prima preoccupazione è stata quella di togliere dalle pareti della scuola ogni manifesto, locandina o traccia delle tante iniziative antimafia realizzate negli anni scorsi e poi ha detto: “Fosse per me, intitolerei l’aula magna ad un uomo di cultura, sarebbe più proficuo per gli studenti”. Secondo Enrico Colajanni, presidente dell’Associazione “Libero Futuro”, “non sappiamo se si tratti di pavidità o oscurantismo ma è certo che la preside ha lanciato un messaggio assai gradito ai mafiosi dimostrando di essere inadeguata a ricoprire quell’incarico”. Comunque gli studenti in questo caso l’hanno spuntata, la preside ha riconsiderato la sua posizione e il murales, alla fine, è stato realizzato.

Catania: gli studenti del liceo scientifico Galileo Galilei di Catania avevano chiesto da alcuni mesi alla preside G. C. di realizzare sul muro esterno dell’istituto un murales con il volto di Peppino e la frase: “La mafia uccide, il silenzio pure”. Costei ha risposto che volto e citazione erano un’immagine “desueta” e che quindi bisognava cambiarla. Due studenti promotori dell’iniziativa avevano richiesto l’autorizzazione al Comune di Catania convinti che il muro esterno della scuola avrebbe dovuto mandare un forte messaggio di antimafia. La risposta affermativa dell’assessore all’Urbanistica è vincolata all’accettazione da parte della dirigente del liceo. Passano mesi, tutto tace, gli studenti si sentono presi in giro, sostengono che “intorno alla nostra proposta si è generato un muro di imbarazzante silenzio che sta uccidendo di nuovo Peppino Impastato e i suoi ideali”. La preside si fa prendere da scrupoli pensando di essere nel centro del mirino di un quartiere ad alta densità mafiosa, che potrebbe prendere come provocatorio il murales e troppo forte la frase. Malgrado tre diverse soluzioni per il murales la risposta è sempre negativa perché, secondo la dirigente scolastica bisogna realizzare un murales “più educativo”: niente Impastato, niente binari, niente coppole e lupare, niente frase. Alla fine si trova una soluzione di ripiego: i ragazzi realizzano il murales sulla circonvallazione, vicino alla scuola, ma non troppo, dirimpetto a un altro bel murales di Falcone e Francesca Morvillo: la preside, tanto per salvare la faccia e darsi un’infarinatura di legalità, farà realizzare un altro murales sull’edificio scolastico, purché non si facciano riferimenti di nessun tipo a Peppino Impastato. Tutti contenti.

Bergamo: nessuna obiezione alla realizzazione di un grande murales sul muro del liceo Paleocapa di Bergamo, con la figura di Peppino che campeggia al centro. Promotore dell’iniziativa il prof. Gaspare D’Angelo, che ogni anno riesce a coinvolgere centinaia di alunni che partecipano il 9 maggio al corteo per Peppino.

Legnano: il 6 maggio 2017 una targa commemorativa intitolata a Peppino Impastato è stata leggermente danneggiata la notte precedente in un giardino pubblico a Legnano, a Milano, dove ignoti hanno dato fuoco al telo che la copriva, in attesa dell’inaugurazione prevista per il giorno dopo. Gli organizzatori dell’evento sono riusciti a rimettere tutto a posto e a procedere ugualmente all’intestazione.

Lecce: dopo anni di proposte il Comune di Lecce decide di intitolare una strada a Peppino Impastato, ma la targa recita “via Peppino Impastato (1948-1988), vittima delle organizzazioni criminali“. Non viene fatto esplicitamente il nome della mafia quasi ci fosse sotto qualche recondita paura o la volontà di affermare che le mafie sono solo organizzazioni criminali. La data di morte è inoltre sbagliata, Peppino Impastato è stato infatti ucciso dalla mafia il 9 maggio del ’78 (data in cui fu ritrovato anche il cadavere di Aldo Moro in via Caetani, a Roma), non dell’88.

Conclusione: Peppino continua a creare problemi ad alcune persone e a causare gesti di rigetto indegni di una società civile. Dietro c’è la rabbia dei mafiosi nel constatare che egli è diventato un simbolo, uno dei più alti, nella lotta contro la mafia, ma c’è anche la preoccupazione dei “benpensanti”, che il suo esempio possa essere di stimolo a momenti di ribellione, sia all’interno della famiglia che del tessuto sociale, o che possa portare, nel caso più estremo e preoccupante, alla scelta politica del comunismo e alla formazione di coscienze rivoluzionarie per metterlo in pratica. Quindi ostilità mafiose, ostilità politiche e ideologiche, ostilità sociali se non, addirittura, di sospettata minaccia all’ordine pubblico e, in alcuni casi, anche ostilità di tipo razzista. Il capitolo resta perciò aperto.

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