domenica, Novembre 24, 2024
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Stammi vicino, per quello che sono

Storie di discriminazione e di indifferenza

Due donne si tengono per mano mentre guardano Uno studio sui generis diretto da Pamela Toscano. Si chiamano Laura e Rosalba, sono le prime donne che si sono unite civilmente a Catania, nell’agosto del 2016. Laura ha un vestito blu, una giacca e un pantalone molto eleganti, ha i capelli corti che le scendono sul viso. Rosalba ha i capelli lunghi e chiari, porta degli occhiali neri e un vestito scuro abbinato.

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I tre giovani attori impegnati nella performance – Nanni Mascena, Marta Allegra e Sebastiano Sicurezza – parlano anche di loro. Raccontano storie comuni, di uomini e di donne che vivono ogni giorno il dramma della discriminazione, dell’omofobia. Lo fanno attraverso un lungo gioco di scherzi, battute, alternati a momenti tragicamente reali. Nanni Mascena sale su uno sgabello e comincia a recitare una serie di testimonianze reali, ed ecco la bellissima storia di Laura e Rosalba: “Laura ci teneva al matrimonio e io sono molto cattolica. Siamo andate da un prete a farci benedire le fedine, un prete molto aperto. E la nonna gli ha chiesto se quello che stavamo facendo fosse una cosa normale. E lui ha risposto ‘Quando si ama, il Signore non vede cattiverie. Le vede quando ci sono violenze’”. Poco dopo, la testimonianza continua: “Mia madre non lo ha mai accettato e non lo accetterà mai – dice Laura – anche se adesso va meglio. Si metteva d’accordo con i miei zii per farmi prendere gli appuntamenti con gli uomini e mi ha anche portata dalla psicologa”; “Mio padre, che ha settantanove anni ed è tradizionalista, non l’ha presa bene; – racconta Rosalba – per lui è stata una vergogna. Poi le mie nipoti gli hanno parlato e gli hanno detto: ‘Se lei è felice nonno, cosa ti importa di quello che dicono le persone?’”.  Laura scopre di essere lesbica a undici anni, raccontano gli attori: “Io sapevo quello che volevo, sono sempre stata così”. Rosalba, invece, ha un percorso diverso: “Lei non è lesbica, è bisessuale. Lo ha scoperto poco prima che ci conoscessimo”.

Una storia apparentemente normale per un paese che ha approvato a livello legislativo le Unioni civili. Una storia difficile da accettare invece per il paese reale, che deve ancora fare molti passi avanti sul tema dell’omofobia, della comprensione. Gli attori agiscono all’interno della sala con gli spettatori disposti ai lati, obbligando il pubblico a guardarsi a vicenda. Le storie raccontate attraverso Uno studio sui generis riescono a fare vergognare lo spettatore, uomo qualunque, della propria indifferenza rispetto al tema, volontaria o meno che sia. Vicende di esclusione, di abusi, a cui vengono contrapposte barzellette, luoghi comuni che siamo abituati ad ascoltare quando si parla di omosessualità, parole che spesso si pronunciano con leggerezza ma che vanno a toccare vite vere. Una legge capace di combattere l’omofobia anche con i fatti, non solo con le parole e le manifestazioni, questo viene chiesto dagli attori. Quando ciò viene rappresentato al Palazzo degli elefanti, sede del Comune di Catania e simbolo delle istituzioni, lontane dalla realtà dei fatti e della cronaca, assume un significato maggiore. Nanni Mascena parla così del lavoro svolto: “Prepararlo per me è stata opportunità per scoprire cose nuove, per scoprire i miei limiti. Ho avuto inoltre la possibilità di affrontare la tematica in un luogo fuori canone, come il municipio”.

 

 

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