Mille passi con Giuseppe Fava
“Ciao Carla, dove vai?”. “Con gli altri ragazzi del collettivo, andiamo al corteo per Giuseppe Fava”.
Provate a immaginare che questo dialogo fra due ragazzi sia vero. Provate a immaginare una piazza piena di uomini, donne, ragazzi, e perché no, tanti bambini. Provate a immaginare che tutta questa gente si incammini da quella piazza verso un preciso punto della città, il luogo simbolo della lotta alla mafia. Macchiato dal sangue di un uomo che denunciò, insieme ai suoi carusi, la presenza della mafia a Catania. Un uomo che per aver detto questa verità fu ucciso dal clan Santapaola, esecutore materiale.
Ma i mandanti occulti forse sono quelli dei comitati d’affari, complice una politica che allora negava l’esistenza della mafia e oggi finge di contrastarla.
Adesso immaginate tutte queste persone che fanno mille passi verso quel luogo. Lo fanno in assoluto silenzio. Un silenzio assordante, più forte di mille slogan. Un silenzio che grida il disagio, la paura, l’ingiustizia sociale, i diritti negati, l’oppressione del potere politico-mafioso. Ogni passo di quegli uomini e di quelle donne lascerà una impronta indelebile. Un’impronta che unirà, nel nome di Giuseppe Fava, associazioni e movimenti sociali e politici in un’unica voce. Uno striscione avanti con scritto “I SICILIANI”, portato da chi visse quella stagione e da nuovi uomini e donne che continuano il percorso iniziato trentasei anni fa.
Adesso, non immaginate più. Adesso credeteci davvero. Credeteci che si possa fare.
Credeteci che il 5 gennaio uniti, al di là di ogni diversità e di ogni contrasto, si possa marciare insieme sotto quella lapide: “La mafia ha colpito chi con coraggio l’ha combattuta, ne ha denunciato le connivenze col potere politico ed economico, e si è battuto contro l’installazione dei missili in Sicilia – Gli studenti di Catania”.
E su queste parole vi chiediamo lo stesso coraggio che ebbe Giuseppe Fava. Quello che serve per combattere senza compromessi mafia e malapolitica e un potere economico fondato su disagio sociale e sfruttamento. Il coraggio di dire la verità.
La stessa verità raccontata da Giuseppe Fava, che ancora oggi sarebbe in grado di restituirci una Catania libera e civile. Non la Catania di oggi, così simile a quella di trentasei anni fa.