Se il Comune nasconde i beni confiscati…
Ad Agrigento, le associazioni della società civile protestano “A testa alta”
Agrigento, 22 marzo – L’associazione “A testa alta” ha rivolto al Comune di Agrigento un’istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5, D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33
«Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», l’associazione chiede la pubblicazione, sul sito istituzionale dell’Ente, dell’elenco dei beni confiscati alla criminalità organizzata e acquisiti al patrimonio comunale.
Secondo i dati ufficiali dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata, alla data del 31 dicembre 2015, risultano trasferiti al comune di Agrigento ventisette beni confiscati, di cui ventuno immobili e sei aziende; un tesoretto destinato a lievitare a seguito dei provvedimenti in materia di confisca di beni e di misure di prevenzione con i quali, negli ultimi mesi, sono stati inferti duri colpi ai gruppi mafiosi e all’entourage socio-economico delle cosche agrigentine.
Dell’elenco di tali beni, tuttavia, non c’è traccia nel sito istituzionale del comune di Agrigento, in violazione dell’art. 48, comma 3, D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione» il quale, per sollecitare e agevolare la partecipazione dei cittadini e per prevenire fenomeni corruttivi, impone ai Comuni di formare un apposito elenco dei beni confiscati ad essi trasferiti, da aggiornare periodicamente e rendere pubblico con adeguate forme e in modo permanente. Un elenco che deve contenere i dati concernenti la consistenza, la destinazione e l’utilizzazione dei beni nonché, in caso di assegnazione a terzi, i dati identificativi del concessionario e gli estremi, l’oggetto e la durata dell’atto di concessione.
La norma del Codice Antimafia non lascia margini di discrezionalità ai Comuni: le associazioni e le altre organizzazioni che intendono utilizzare una struttura confiscata per svolgere le proprie attività devono conoscere in anticipo il numero dei beni confiscati, la loro consistenza e collocazione sul territorio. La pubblicazione dei dati identificativi del concessionario, degli estremi, dell’oggetto e della durata della concessione serve anche a prevenire favoritismi nelle assegnazioni.
Da qui, l’importanza cruciale che assume l’accessibilità immediata on line dei dati riguardanti i beni confiscati, specialmente in una provincia come quella di Agrigento dove la stragrande maggioranza dei beni confiscati rimane inutilizzata o in stato di abbandono.
All’inizio dello scorso anno, A testa alta realizzò un dossier sullo stato dei beni assegnati al comune di Licata. Diverse le anomalie riscontrate dall’associazione sulle quali vi sono indagini in corso da parte della Magistratura e un’indagine conoscitiva da parte dell’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati .
A testa alta negli ultimi mesi ha però ampliato il proprio campo d’indagine, allargandolo all’intera provincia di Agrigento, e ha scelto proprio il ventennale dell’entrata in vigore della legge per l’uso sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata, per rendere noti i risultati di questo lavoro, confluito in un report sui beni confiscati alla mafia.
I risultati parlano da soli: su ventisette Comuni assegnatari di beni confiscati, soltanto tre hanno pubblicato nei loro siti l’elenco dei beni sottratti alle cosche locali. Un dato sconcertante su cui ragionare, che per l’associazione A testa alta appare significativo della scarsissima attenzione prestata dagli amministratori locali agrigentini alla tematica dell’utilizzo dei beni confiscati. In una provincia dove la mafia si avvale «con sistematicità del supporto e della compiacenza di esponenti della Pubblica Amministrazione», lo mette nero su bianco ogni sei mesi la Direzione Investigativa Antimafia, la mancata pubblicazione degli elenchi dei beni sottratti alla mafia, da restituire alla collettività, è assolutamente inaccettabile e rischia di vanificare gli sforzi fatti e i risultati sin qui acquisiti dalle forze di polizia e dai magistrati.
I Comuni di Ribera e quello di Licata hanno pubblicato l’elenco, senza alcuna indicazione circa l’assegnazione o meno a terzi, i dati identificativi del concessionario, gli estremi, l’oggetto e la durata dell’atto di concessione. A pubblicare l’elenco dei beni confiscati trasferitigli con tutte le indicazioni prescritte dal Codice Antimafia è il comune di Casteltermini.
Dalla pubblicazione del report, qualche Comune si sta adeguando alla normativa ed è andato pure oltre. Ad esempio, il comune di Siculiana ha reso pubblico nel proprio sito internet l’elenco dei beni, creando un’apposita sezione che riporta anche interessanti informazioni sulla normativa antimafia e sulle competenze dell’Agenzia Nazionale Beni Confiscati. Presto altri comuni potrebbero seguire a ruota.
Intanto A testa alta ha deciso di far partire le istanze di accesso civico. Quello di Palma di Montechiaro è stato il primo Comune a vedersi notificata la richiesta di pubblicazione; e l’immediata risposta del Segretario comunale della città del Gattopardo «a questo Ente non sono stati assegnati beni immobili confiscati alla criminalità organizzata» è stata inoltrata da A testa alta all’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati. Si annuncia un bel rebus, visto che i dati ufficiali dell’Agenzia diretta da Umberto Postiglione, al 31 dicembre 2015, indicano ben tredici beni confiscati (sette immobili, sei aziende), trasferiti al comune di Palma di Montechiaro.
Oggi è toccato al comune di Agrigento che ha trenta giorni di tempo per procedere alla pubblicazione dei dati e per comunicare all’associazione A testa alta l’avvenuta pubblicazione e il collegamento ipertestuale a quanto richiesto. Sempre che ad Agrigento non risultino beni confiscati alla mafia. Nella terra di Pirandello tutto è possibile.