Thyssen, Eternit e i diritti tutelati dalla Magistratura
Una volta i Procuratori generali facevano a gara nel presentare gli infortuni sul lavoro come mere fatalità. A Torino, di fatto, la regola era che in fabbrica non si poteva morire: nel senso che se capitava un incidente mortale, l’ambulanza doveva subito trasportare l’infortunato in ospedale, perché lì apparisse avvenuto il decesso. Oggi il problema della sicurezza sui posti di lavoro è ancora tragico. E fa benissimo il Capo dello stato a ricordarcelo spesso. Siamo tutt’ora in cima alle statistiche europee, con l’aggravante che da noi stranieri e minori hanno ancor più probabilità di infortunarsi di quella – già elevata – dei lavoratori “indigeni”.
Eppure qualcosa è cambiato. Lo provano i processi di Torino per il rogo della Thissen Krupp e quello Eternit per l’amianto che ha causato oltre 2.200 vittime, delle quali 1.649 uccise. Testimonianza di una nuova sensibilità e cultura per la tutela di fondamentali diritti dei cittadini , la sicurezza nei posti di lavoro e la salute. La prova che questi diritti, scolpiti nella Costituzione, cessano di essere scatole vuote e si trasformano in realtà vivente quando funzionano gli strumenti che la stessa Costituzione prevede a presidio di essi.
Primo presidio – fra i tanti – è la magistratura, purchè autonoma ed indipendente, capace cioè di fare il suo dovere senza timori reverenziali per questo o quel potente. Proprio il contrario di quel che tanti vorrebbero, come dimostra il recentissimo colpo di mano del Parlamento sulla responsabilità civile dei giudici.