sabato, Novembre 23, 2024
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La mia casa è la stazione

Volti e storie dei senza fissa dimora

Sono oltre quarantottomila i senza fissa dimora in Italia, secondo le ultime stime del 2014 dell’Istat e della Caritas. Una stima non accurata e sempre in crescita, che non tiene conto di tutti quelli che vivono in strada, ma non usufruiscono di alcun servizio di assistenza da parte della Caritas o di associazioni affini.

Crisi economica, disoccupazione, povertà e disagio psicofisico, sono alcune delle cause; la stragrande maggioranza di queste persone, circa l’ottantasette per cento, sono uomini. A Catania sono circa un migliaio quelli che usufruiscono dei servizi di banco alimentare della sola Caritas.

Ore nove e trenta. Davanti all’Help Center della Caritas, alcuni volontari distribuiscono cornetti e pizzette a una dozzina di uomini in attesa. Immigrati, anziani e anche qualche ragazzo che prende un boccone e corre via.

Mirko è un uomo di trentasei anni, originario di Modena, che vive in strada, precisamente alla Stazione di Catania. Ha esperienza come magazziniere, metalmeccanico e ceramista, ma adesso si trova in questa situazione, senza più un lavoro, né una casa. È arrivato in Sicilia perché aveva avuto una proposta di lavoro come autista soccorritore presso un’associazione catanese. “Ho lasciato tutto a Modena – dice –, sono sceso con poco e nulla, ma poi ho scoperto che la proposta di lavoro in realtà era una truffa, un’associazione inesistente. Sono rimasto qui a Catania. Ho dormito prima in un ostello, poi ho finito i soldi e dopo diverse difficoltà mi sono ritrovato a dormire in strada. Non ho più nulla, mi hanno rubato tutto, anche le scarpe e il cellulare”.

Spesso i senza fissa dimora si ritrovano in strada a causa di una dipendenza da alcool o droga. Le famiglie originarie non sanno più nulla di loro. Carmelo è un simpatico e taciturno vecchietto di ottant’anni, dal volto segnato, che vive sotto i portici della stazione centrale da circa sei anni. Quaranta anni fa era un bracciante presso le campagne di Calatabiano, ma alla fine perse il lavoro e la casa in cui viveva. Prende una pensione di ottocento euro al mese, ma ormai è talmente abituato a vivere in strada che non ha più alcuna intenzione di cercare una casa.

“È tutta colpa dello stato – urla agitando le mani il signor Ture –. A Sicilia a ficiru accapputtari e lavoro non ce n’è più. Quando c’era la mafia, si è vero, c’erano uccisioni, ma c’era benessere, si travagghiava. E con tutti questi stranieri, come la mettiamo? Tutto il lavoro che dovrebbero fare i siciliani, lo stanno facendo loro per una manciata di pasta. Io vorrei lavorare, ma non c’è più posto per me”.

La percezione dello stato è ridotta ai minimi termini, se non fosse per quelle poche associazioni e strutture che forniscono assistenza, docce e dormitori, il più delle volte in condizioni poco dignitose e di scarsa sicurezza. “È da sei anni che dormo nei giardini dell’ospedale Garibaldi – aggiunge Ture –. Ho i cartoni, le coperte e qualche ricordo tra le mie buste di vestiti e cianfrusaglie. Nei dormitori c’è un macello, non si ragiona. Chi cammina con i cuteddi, chi ruba. In ogni caso è per un tempo massimo di tre mesi, poi sei nuovamente per strada. Io voglio un mio tetto, anche piccolo, non ho molte pretese. Vorrei poter cucinare le cose che più mi piacciono, vivere i giorni che mi restano in una casa”.

Un pensiero su “La mia casa è la stazione

  • Ho avuto la fortuna di conoscere sia Mirko che Carmelo.
    Era il 29 dicembre La prima sera che sono uscito per portare il mio piccolo aiuto per le strade di Catania,alla stazione ho incontrato Mirko con lui mi sono fermato a parlare,e mi ha raccontato la sua storia,e io la mia il perché portavo un pasto per chi come lui dormiva per strada.Poi una domenica sera non lo più visto ,e le domeniche successive nemmeno ho chiesto ad Angelo un amico come lui che mi ha detto che era riuscito ha tornare a Modena,così ora se mai leggerà questo sms gli auguro tanta felicità.
    Anche Angelo è riuscito a tornare su dove ha la sua casa.ciao Angelo anche tu sei stato un grande amico,ti ricordo come pasta asciutta e un brick di vino bianco (il pasto che voleva portato).
    Carmelo vive con i suoi ricordi di quando coltivava la terra.
    Come loro ci sono tante persone,per aiutarli basta poco ,avvolte solo un sorriso e lo scambio di qualche parola di speranza.
    Da quel 29 dicembre non mi sono più fermato e tutte le domeniche scendo per portare il mio piccolo aiuto.
    Sono anche certo che prima ho poi succederà che mi fermerò,perché quello che faccio io ,ho il solo aiuto costante di mia moglie (lei cucina e io scendo il cibo) ma con tanta volontà,
    Ciao amici!

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