giovedì, Novembre 21, 2024
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Il cricket dietro l’angolo

A Catania il gioco degli immigrati nelle piazze e nelle sciare

Vengono dal Bangladesh, dallo Sri Lanka, dal Pakistan, li puoi vedere mentre praticano quello che è considerato lo sport nazionale nei rispettivi paesi: il cricket.

Catania ne è piena, di luoghi di nessuno, di sciare incolte che riempiono i vuoti della città, proprio lì dove mancano gli spazi di aggregazione. Puoi vederli nelle tiepide giornate domenicali riunirsi sotto il campanile della Chiesa del Carmelo, in piazza Carlo Alberto, la piazza da fera per tutti i catanesi: il mercato della città. Oppure ancora, in un grosso campo incolto vicino al vecchio quartiere di Ognina in mezzo a carcasse d’auto e rimorchi di autotreni.

Per chi non lo conoscesse il cricket è uno sport nato in Inghilterra e diffuso in molti stati del Commonwealth, dove su campi dalle dimensioni non definite si sfidano due squadre composte da undici elementi con l’obiettivo di eliminare tutti i battitori avversari scagliando la palla lanciata attraverso la classica mazza a forma di pala.

I giocatori si adattano al contesto in cui si trovano. “Non vogliamo creare alcun problema, ci piace passare un po’ di tempo assieme, soprattutto dopo il turno di lavoro, prima di rincasare”, dice Carlo (lui vuole farsi chiamare così). Carlo è dello Sri Lanka, sfoggia una maglia della nazionale inglese di cricket e lavora come molti connazionali presso gli autolavaggi della città. La sua famiglia si trova ancora nel suo paese e lui si trova qui soprattutto per loro. “È dura stare qui, il lavoro è faticoso ma va bene, giocare a cricket con gli amici ci permette di staccare un po’ con i problemi di tutti i giorni”.

Anche Janesh, venuto qui molto giovane dal Bangladesh, dice che il cricket per lui è tutto: “Gioco da quando ero bambino, giocavo assieme ai miei cugini in Bangladesh, ed è bello poter continuare a farlo anche qui a Catania. Ci riuniamo spesso, ho fatto tante amicizie, anche con altri ragazzi del Pakistan e dello Sri Lanka, giocare è un modo per non sentirci soli”.

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