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Sicilia, l’Ordine caccia la penna antimafia

Ringrazio l’Ordine dei giornalisti di Sicilia (o,a quanto pare adesso, qualche suo oscuro impiegato) per il bellissimo regalo che involontariamente mi ha fatto: la gioia di vedere allineate insieme, dopo tanti anni, le firme di Claudio Fava, Antonio Roccuzzo e Miki Gambino. Ne approfitto per qualche precisazione.

1) Quando parliamo, in questa buffa storia, di Ordine dei giornalisti ci riferiamo solo ed esclusivamente ai valorosi colleghi siciliani, e in specie catanesi; che non vanno in alcun modo confusi con l’Ordine nazionale. Quest’ultimo, con Iacopino, negli ultimi anni si è invece ben distinto in due occasioni precise: alcuni mesi fa, prendendo con estrema durezza le difese dei giornalisti precari, schiavizzati e sfruttati e dimenticati dai colleghi “importanti” e dalle loro istituzioni; e, un paio d’anni fa, intervenendo d’autorità a fianco di Pino Maniaci, calando come un fulmine a Palermo e facendogli rilasciare sul tamburo il tesserino. Di questo va dato atto ai colleghi del nazionale, e di particolare a Iacopino. Non confondiamo cavoli e lanterne.

2) Fra le righe del comunicato dell’OdG siciliano, ed esplicitamente in un articolo di un collega catanese che si definisce “ghost writer per importanti protagonisti del mondo politico”, si legge un attacco durissimo a Claudio Fava, accusato tout court non di una (molto eventuale) imprecisione, ma tout court di “falsità”. Ora, Claudio Fava è quel personaggio catanese che per parecchi anni fu esplicitamente perseguitato da Mario Ciancio, che dichiarò apertamente di averne vietato sui suoi giornali la pubblicazione anche del solo nome. Una volta, in occasione di un convegno, la foto del relatore Fava, fu ritagliata in modo che del reprobo rimanesse solo una punta di gomito; il che fece molto sorridere molto a Catania. Non risulta che il comportamento del giornalista Ciancio (iscritto all’Ordine, e soggetto alla sua disciplina) sia stato sanzionato allora dai colleghi che vigilavano sull’etica del giornalismo catanese.

3) Nell’articolo di Claudio, Miki e Antonio, che riporto integralmente appresso, c’è, stavolta sì, un imperdonabile errore e anzi, diciamola tutta, una gran cazzata. “Noi – scrivono alla fine – che di Riccardo siamo stati colleghi e amici…“. Siamo stati, amici miei? Siamo stati al passato? No, porco diavolo! Noi siamo amici e compagni ora e sempre, non abbiamo mai smesso di esserlo un solo istante.Siamo sempre gli stessi, alla faccia di tutti: noi pochi, noi felici, noi banda di fratelli.

(Riccardo Orioles, 4 Ottobre 2015)

 

*** 

 

Riccardo Orioles, tra i fondatori e gli animatori de I Sicilianidi Giuseppe Fava, sarà radiato dall’ordine siciliano dei giornalisti (pena sospesa per sei mesi, bontà loro) per morosità, per un debito di ben 1.384 euro.

Che Riccardo non ha versato non per tirchieria ma perché vive, da solo, con una pensione sociale di 432 euro. Eppure ciò che offende l’Ordine e va implacabilmente sanzionato sono solo quelle rate non pagate. Poco importa che Riccardo Orioles, dopo quasi 40 anni di straordinario mestiere, di storie vissute e raccontate, di racconti sgarbati sui poteri e sui potenti, di ragazzi di tutta Italia educati alla buona scrittura, viva oggi con quella pensione sociale. Il suo Ordine, invece di ringraziarlo, lo caccia via come un ladro.

Certo, in teoria è legittimo che l’Ordine recuperi le quote non pagate:

ma ancor prima dovrebbe impegnarsi a recuperare il senso e l’etica smarriti di questo mestiere.

Pensate: Orioles verrà cacciato dallo stesso Ordine che ha riaccolto, come figliol prodigo, il faccendiere Renato Farina, alias “agente Betulla”, radiato per essersi messo al soldo dei servizi deviati (il Sismi di Pollari, Pompa & C.), al fine di procurar loro veline, finte interviste e dossier avvelenati ai danni di chi si opponeva a Berlusconi. Il “giornalista” Farina (certamente mai moroso), dopo poco più di un anno, ha presentato regolare domandina ed è stato riammesso.

Ora, la notizia dell’espulsione di Orioles, uno dei pochi giornalisti italiani che la schiena in questi anni non l’hanno piegata, è così grottesca e miserabile che meriterebbe solo una pernacchia, convinti come siamo – noi con lui, e certamente non siamo i soli – che per fare questo mestiere con la dovuta onestà intellettuale, non occorrono tesserini né quote (come insegnano le storie di Rostagno e Impastato e Siani, giornalisti senza tessera rossa dell’ordine in tasca. Ma con le palle quadrate).

Ma dentro c’è un grado di paradossale ignominia che merita di essere raccontato. L’Ordine che si perita espellere (per 1.384 euro!) è lo stesso che per trent’anni ha sempre, giudiziosamente chiuso gli occhi di fronte ai misfatti che si consumavano in Sicilia sulla povera pelle dell’infor – mazione. Non una parola, un dubbio, una domanda nei confronti di un loro iscritto, il giornalista (certamente mai moroso) Mario Ciancio, direttore ed editore di uno dei più diffusi e opachi quotidiani dell’isola e d’Italia, La Sicilia di Catania. Non un trasalimento quando tracimavano notizie (vere) sulle condotte oblique di quel loro iscritto, sulle refurtive recuperate (documentate) grazie ai buoni uffici del capomafia Nitto Santapaola, sulle sue frequentazioni (mai negate) con il boss Pippo Ercolano, sui necrologi per vittime della mafia censurati, sui giornalisti licenziati per omessa menzogna e sugli altri tenuti per ordine di un giudice ma costretti lontano dalla redazione per ve nt’anni. Non stiamo parlando dell’incriminazione di qualche mese fa per concorso esterno in associazione mafiosa (quando perfino l’Ordine, di fronte all’evidenza di un procedimento penale, s’è trovato costretto a costituirsi parte civile).

Parliamo dei 30 anni di impunità che quell’incriminazione l’hanno preceduta e che l’Ordine ha lasciato scorrere davanti a sé come se fosse un film.

E adesso quello stesso Consiglio di disciplina ritrova d’un sol tratto il proprio orgoglio burocratico, e l’inflessibile vocazione ad esigere e a punire. Minacciando il massimo della pena: la radiazione. Per 1.384 euro. Dunque basta pagare le quote associative e poi mentire o eludere il dovere di informare per restare dentro la corporazione?

Dentro Ciancio, fuori Orioles?

Noi, che di Riccardo siamo stati colleghi e amici, che con lui fabbricammo giorno per giorno la storia de I Siciliani, ne condividiamo la colpa e la pena: forse qualcuno pagherà quelle povere quote, ma se Riccardo verrà radiato, da quest’Ordine ce ne andremo anche noi. E non saremo i soli.

Un pensiero su “Sicilia, l’Ordine caccia la penna antimafia

  • Non conosco questa storia per’ se tutto vero avete tutta la mia solidarietà. Mi chiedo e vi chiedo però, al di la della questione di principio che capisco e condivido pienamente, ma i vari Fava e compagni per i quali 1384 euro sono una stupidagine, perché non provvedono a saldare queste quote?

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