A proposito di antimafia e antimafiosi
Trapani. “Chi si rice?”. “Un si rice nente…”. Perché “a megghio parola è chidda chi nun si rice”…
A Trapani ad un anno dalla scomparsa è stato ricordato il prefetto Fulvio Sodano. Nella Chiesa di Santa Maria di Gesù c’erano oltre mille persone. Se l’evento fosse stato organizzato da altri era certamente da catalogare tra i “grandi eventi”… ma tutto si è svolto senza dare eco nel silenzio più assoluto anche da parte di quei soggetti che vanno in giro a battersi il petto e cercano il fango in casa d’altri…
Arrivi a Trapani e ti accolgono due cartelli: “Benvenuti a Trapani città della vela e del sale”; l’altro non è scritto però te lo fanno capire che esiste: “Benvenuti a Trapani, ma non parlate al guidatore e state accorti”. Anzi – magari vi spiegano meglio – non parlate affatto se voleste chiedergli di cambiare direzione di marcia; e se proprio volete parlare, parlate nella lingua del guidatore, rispettando i suoi desideri, e ripetete: “Vossia assabinirica, voscienza mi cumannassi…”. A Trapani, quando due trapanesi s’incontrano, il loro saluto si sostanzia così: “Chi si rice?”. Risposta: “Un si rice nente…”. Perché “a megghio parola è chidda chi nun si rice”.
Che c’entra con l’antimafia e gli antimafiosi? C’entra tanto, credeteci. A Trapani siamo passati dalla mafia che non esiste alla mafia sconfitta, così come dissero in coro, anche se in momenti diversi, alcuni sindaci.
Gli applausi a Sciascia
A Trapani hanno applaudito quando Sciascia scrisse dei “professionisti dell’antimafia” (che, non dimentichiamolo, era una bordata contro un certo magistrato che si chiamava Paolo Borsellino) e qualche anno dopo è stato scritto, ancora una volta da un sindaco, che l’antimafia è peggio della mafia. Scritto mentre magistrati, giudici e forze dell’ordine andavano scoprendo gli altarini e le casseforti dei mafiosi e mentre un prefetto, coraggioso perchè faceva il proprio dovere (“sventurata la società che ha bisogno di eroi” scriveva Bertolt Brecht), sgomberava i mafiosi e le loro famiglie dai beni confiscati da decenni.
Diceva il questore Gualtieri…
Una situazione che un questore, non uno qualsiasi, ma quel Giuseppe Gualtieri che da capo della Mobile di Palermo snidò il super latitante dell’epoca Bernardo Provenzano, così commentò: «Diciamo intanto che chi diceva che la mafia non esisteva probabilmente aveva magari un suo tornaconto politico e poi di conseguenza economico; oggi la categoria di chi dice che la mafia è sconfitta è molto più eterogenea, c’è chi lo dice con orgoglio e con grande buonafede, e c’è chi invece chi lo dice perchè magari gli conviene spostare l’attenzione sul problema mafia e magari dirottarla verso alcuni altri reati e problematiche sociali, con ovviamente il conseguente abbassamento della guardia nei confronti della lotta alla mafia, ottenendo anche maggior libertà. Io direi, e sono ottimista, i molti sono in buona fede, i pochi magari perchè attrezzati e molto più “professionisti” nel sostenere questa tesi, sono in malafede».
Sono trascorsi anni ma crediamo che se dovessimo risentire il questore Gualtieri non cambierebbe una virgola a queste sue dichiarazioni. Siamo convinti che anche l’attuale questore la pensi in questa maniera. Glielo chiederemo presto.
Dall’Ottocento a Messina Denaro…
Benvenuti a Trapani. La città dove Cosa nostra e massoneria continuano ad animare le stanze del potere segreto, che però è pubblicamente riconosciuto.
È una storia antica. Il prefetto Ulloa scriveva già il 3 agosto 1838:
“La venalità e la sommissione ai potenti ha lordato le toghe di uomini posti nei più alti uffici della magistratura. Non vi ha impiegato che non sia prostrato al cenno ed al capriccio di un prepotente e che non abbia pensato al tempo stesso a trae profitto dal suo Uffizio.
Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedi oltremodo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle Fratellanze, specie di sette. Il popolo è venuto a tacita convenzione con i rei”.
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Sembra di leggere della Trapani di oggi dove la mafia è sommersa, bene infiltrata, qui comanda la mafia borghese, senza bisogno di coppole e lupare, una mafia che ha fatto diventare legale il proprio sistema illegale. Qui a Trapani continua a regnare quel crocevia misterioso dove, mafia affari politica massoneria servizi segreti, ha regolato la vita non di una città, di una provincia, di una regione, ma la vita dello Stato.
Siamo a Trapani, dove solo adesso i familiari di Messina Denaro stanno subendo il sequestro dei beni, ma riescono a far sposare i loro figli dentro la Cappella Palatina a Palermo.