Lo Stato indulgente
“Cresce l’illegalità: adeguare la normativa per contrastarla, o diminuirne, o eliminarne, la punibilità?”
In attuazione della legge 28\4\2014 n. 67 è in corso di emanazione il decreto legislativo che introduce l’art. 131 bis C.p., secondo cui verrebbe esclusa la punibilità dei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore a 5 anni o quella pecuniaria solo o congiunta alla prima, ove il fatto sia di particolare tenuità: ciò qualora sia compatibile con le modalità della condotta (ad esempio, non con l’intensità del dolo), il danno sia esiguo, e l’autore del reato non ne abbia commesso altri, anche se di specie diversa.
Lo scopo di tale riforma sarebbe quello di sgravare il lavoro dei magistrati, in modo che possano dedicarsi al trattamento degli altri reati più gravi.
Ma, se ex art. 21 della Costituzione lo scrivente può manifestare liberamente il proprio pensiero, c’è da chiedersi: in che misura tale sgravio avverrebbe, dovendosi comunque nei casi in esame accertare prima la sussistenza in sé del reato e poi gli elementi di non punibilità, e ciò in ogni stato e grado del giudizio?
E non esiste una contraddizione per il fatto che non viene eliminato il reato, ma la sua punibilità, tant’è vero che è ammissibile il risarcimento del danno in sede civile?
Quindi, se il fatto non è punibile, anziché far conseguire l’insussistenza del reato la riforma condurrebbe contraddittoriamente ad un reato non punibile, analogamente a quello commesso da un infermo di mente? Non è quindi, in concreto, una sorta d’indulto generalizzato e perpetuo?
“Reati non punibili”
Ed è inoltre significativo che, se i fatti costituirebbero reati non punibili per la tenuità dell’offesa, quest’aspetto non integrerebbe per i reati contro il patrimonio o per motivi di lucro proprio l’attenuante della speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4 C.p.. che ora, unitamente alle modalità non ostative ed all’assenza di precedenti, verrebbe trasformata in causa di non punibilità?
A parte tutto ciò. potrebbe non condividersi tale innovazione in quanto, nel contesto di un progressivo dilagare dell’illegalità, anziché adeguare gli organici della magistratura alle esigenze di giustizia, realizzare nuovi istituti penitenziari per ovviare al sovraffollamento delle carceri, ed aumentare le pene per i reati più frequenti o più gravi, si riducono tali esigenze per sopperire all’insufficienza degli organici e delle carceri, il che comporterebbe una sempre maggiore decadenza della legalità.
Il provvedimento in esame si aggiunge quindi alle periodiche emanazioni di amnistie ed indulti, alla riduzione delle pene per il rito abbreviato ed il patteggiamento, nonché, da ultimo, persino per il voto di scambio politico-mafioso (pena ridotta da 7-12 anni a 4-10 anni), pur essendo stato riscoperto solo nel Dicembre 2013, cioè dopo oltre 20 anni dall’introduzione dell’art. 416 ter C.p., che la mafia assicura voti non solo in cambio di denaro, ma anche di qualsiasi altra utilità.
E va aggiunto che la legge 2014\67 prevede addirittura la detenzione domiciliare per tutti i reati puniti con l’arresto, o, fino a 3 anni, con la reclusione., nonché la depenalizzazione di una serie di reati puniti con la sola pena pecuniaria. Inoltre, si sta programmando la depenalizzazione di alcuni reati tributari.
“O forse si tratta di poesia?”
Quindi, laddove in uno Stato definito di Diritto dovrebbe essere assicurata la legalità adeguando la normativa per contrastare più efficacemente il sempre crescente dilagare dell’illegalità, avviene invece una eliminazione o diminuendone della punibilità: dove andremo a finire? E che incidenza avranno tali riforme sul crescente fenomeno dell’astensionismo da parte degli elettori delusi? Oppure forse chi scrive vaneggia nella Poesia del Diritto?