Quando i giornali “bullano” i bambini
Cari giornalisti catanesi, a voi che vi occupate di cronaca locale vogliamo indirizzare questa nota per portare alla luce alcuni aspetti che non sono stati menzionati in quattro articoli apparsi, dal 30 gennaio per tutto il mese di febbraio, sul giornale La Sicilia, in merito alla cronaca di una “aggressione” da parte di un bambino di dieci anni ad un altro più piccolo ed esile. Su questo fatto, definito come una manifestazione di bullismo dentro l’Istituto Comprensivo Giovanni Falcone di San Giovanni La Punta, vorremo esporvi il nostro punto di vista.
Siamo coinvolti nella faccenda di cui tanto si è scritto poiché siamo alcuni genitori dei compagni di classe del bambino che è stato definito un bullo. Il bullo è un bambino che ha diritto al sostegno e all’inclusione dentro la scuola per il fatto di aver dei problemi di socializzazione che chiaramente lo ostacolano nelle sue relazioni con gli altri componenti del gruppo classe di base. Dopo il presunto pestaggio e successivamente ai primi due articoli, abbiamo ritenuto doveroso divulgare una manifestazione scritta di solidarietà nei confronti della maestra, che si sarebbe comportata con negligenza, non avendo – si scrive nella cronaca – visto alcunché, e che dichiara che quella aggressione non è avvenuta.
Qualche giorno dopo, esce un nuovo articolo in cui si rincara la dose, puntando nuovamente il dito contro il “soggetto pericoloso” che andrebbe in giro indisturbato per la scuola, terrorizzando i bambini e tutto il personale scolastico. Noi, che siamo genitori del gruppo classe, non temiamo affatto per l’incolumità dei nostri figli, perché abbiamo fiducia nella funzione della scuola nel suo insieme, e nell’assunzione di una specifica responsabilità di ogni insegnante nei confronti dei nostri bambini. A conferma di un’altra cronaca da raccontare ai vostri lettori, vi ricordiamo che il giorno della lite tra i piccoli protagonisti della storia l’insegnante accusata di negligenza non era sola, ma assistita dall’insegnante di sostegno preposta, che è per l’appunto ufficialmente responsabile del bambino.
Perché questo dettaglio non è stato fatto presente in nessun articolo? Perché nei vostri titoli avete definito bullo un bambino al quale è stato assegnato il sostegno? Quali sarebbero gli atti delinquenziali di cui si parla, dando la parola a una mamma facente parte sí del Consiglio d’Istituto, ma estranea alla vita del gruppo classe? Come mai non si è contattata la rappresentante di classe in questione? Quali dovrebbero essere i provvedimenti richiesti con un esposto contro il “fattaccio”?
Stiamo parlando infine della possibilità di una esclusione di fatto per il bambino dalle relazioni educative dentro una scuola? O di che? Dove si vuol arrivare? Il pestaggio di cui tanto si scrive è un fatto accaduto?
Ci auguriamo una cronaca della nostra scuola che non offenda il lavoro stesso svolto dentro le classi, il disagio cognitivo, quando esso è presente nelle azioni di un bambino. Ci auguriamo un’interpretazione dei fatti come accaduti dentro una scuola pubblica, e che si racconti con ragionevolezza ciò che può accadere dentro e fuori un gruppo classe.
O se invece si vuol scadere nei dettagli, non si ometta ad esempio che il bambino in questione svolge ordinariamente con eccezionale bravura i lavori artistici, e che la sua socialità con i nostri figli sta evolvendosi serenamente.
Mamme e Papà per la difesa dei diritti alla inclusione dentro e fuori la scuola pubblica a San Giovanni La Punta