Camorra Capitale dopo Mafia Capitale
La piovra si fa sempre più grande e sempre più inquina Roma. La magistratura non può farcela da sola, a combatterla. Chi deve assumere l’iniziativa è la città: i cittadini, il lavoro, il volontariato
Roma sembra ormai un porto franco. È vero che se la criminalità organizzata è arrivata ad aggredire città del Nord come Milano o del Centro come Parma e Perugia sarebbe ingenuo pensare che Roma si sia sottratta alle sue mire, ma è altrettanto vero che la città non è ancora abituata a ragionare di pizzo, ricatti, ritorsioni: scoprire che i locali sequestrati dai carabieri sono spesso insospettabili luoghi di ritrovo serale suscita un senso di inquietudine maggiore di quello che si prova alla lettura dei libri di Saviano.
Te li trovi accanto al bar
Quando a Buenos Aires intervistai una donna che era uscita viva dallla Esma, il più grande campo di detenzione e tortura dell’ultima dittatura militare, la prima cosa che le chiesi fu: che cosa farebbe se oggi, al bar o al cinema, riconoscesse uno di quegli aguzzini.
Ecco, i cittadini a Roma cominciano a provare quella paura, di sedersi a un tavolo di una pizzeria a Testaccio o di un bar, come il bar Tulipano, nel frequentatissimo rione Monti, e scoprire di essere seduti accanto a un criminale, che se non ha ucciso può aver minacciato qualcuno, o picchiato o ferito.
Nell’ambito dell’operazione Camorra Capitale – si è letto nelle cronache ¬– sono stati sequestrati beni per un valore di circa 10 milioni di euro, riconducibili ad alcuni dei 61 arrestati. In particolare, numerosi esercizi commerciali e immobili.
Non è più una questione di malavita locale, quella che – banda della Magliana a parte – agiva a Roma in totale autonomia.
La criminalità romana ha aperto alle grandi organizzazioni e i vasi sono comunicanti.
Hanno aperto ai grandi clan
Non è difficile infatti trovare punti di contatto tra Mafia Capitale e Camorra Capitale, basti pensare, ad esempio, a Massimiliano Colagrande, uomo vicino all’estrema destra, coinvolto nella prima inchiesta e ora tra gli arrestati di questa seconda operazione.
E questo è parecchio inquietante perché molto probabilmente non si tratta di due piovre piccole, ma di una sola piovra che continua a farsi sempre più grande e che rischia di inquinare il tessuto connettivo della città, già indebolito dalla corruzione del potere politico.
“Con la forza dell’intimidazione”
Così la procura di Roma ha descritto il sistema criminale emerso grazie all’operazione Terra di mezzo: “Un’associazione di stampo mafioso che si avvale della forza dell’intimidazione e dell’omertà, dedita all’estorsione, all’usura, al riciclaggio, alla corruzione di pubblici ufficiali per acquisire, in modo diretto o indiretto, la gestione e il controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici”.
Non sarebbe possibile sintetizzare l’intero scenario in termini più chiari, ribaditi in apertura dell’anno giudiziario, quando per la prima volta è stata citata l’infiltrazione della mafia e della destra eversiva anche nel calcio.
Ma la magistratura non può farcela da sola, né la stampa libera, né i pochi politici onesti, che per la verità intervengono anch’essi soltanto dopo che la fogna è stata spurgata. Anche qui chi deve assumere l’iniziativa è la città, intesa come insieme di cittadini che vivono i quartieri, il territorio, il lavoro, il volontariato.