In lotta contro gli elettrodotti
Comitati, ambientalisti, cittadini da anni lottano contro progetti di elettrodotti che dovrebbero attraversare la Regione
Progetti accusati di devastazioni ambientali, irregolarità e rischi per la salute umana. Nella vicenda coinvolto il Primo Ministro montenegrino Milo Djukanovic, coinvolto (ma poi assolto) in inchieste delle Procure di Bari e Napoli.
“Battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa” disse Pier Paolo Pasolini poche ore prima di essere assassinato nell’intervista rilasciata a Furio Colombo per “Tuttolibri”. Poche parole per riassumere anni di sit-in, manifestazioni, documenti, denunce e tanto altro dei comitati abruzzesi (di cui è stato motore soprattutto il CAST, Antonella La Morgia in testa) in lotta contro due progetti di elettrodotti che dovrebbero attraversare la Regione: il “Villanova-Gissi” e il “Tivat-Villanova” (Tivat è una cittadina del Montenegro).
Gli abruzzesi sono famosi per essere “forti e gentili”, testardi e caparbi in quel che fanno. Qualche anno fa una multinazionale affermò di aver trovato una “regione camomilla” con “zero conflittualità”. Ma fu smentita dai fatti. Il mosaico delle proteste ambientaliste e delle popolazioni che si oppongono a grandi e meno grandi infrastrutture è vastissimo. E questa mobilitazione non è da meno.
La vertenza contro il “Villanova-Gissi” ha vissuto importantissimi momenti, con grandissima partecipazione dei cittadini, nel novembre scorso quando ai proprietari dei terreni sui quali dovrebbero sorgere i cantieri furono notificati gli “avvisi di espropri”.
Le irregolarità dei cantieri
A partire da Atessa, i tentativi di notifica sono stati seguiti da moltissimi cittadini, mobilitati per impedire gli espropri. E, in molti casi la presenza dei cittadini (e anche di esponenti istituzionali, compreso il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso) ha ottenuto questo risultato. Gli attivisti del CAST che le hanno seguito, hanno sostenuto che le procedure e l’avvio dei primi cantieri hanno presentato varie irregolarità (formalmente denunciate alla magistratura).
Cantieri che sono recentemente tornati sotto i riflettori durante una delle perturbazioni meteo di Gennaio. Comitato No Stoccaggio S. Martino sulla Marrucina, Forum Abruzzese Movimenti per l’Acqua, CAST Comitato Ambiente Salute e Territorio, Nuovo Senso Civico, Comitato No Elettrodotto Cepagatti, Comitato No Elettrodotto Casalincontrada, Stazione Ornitologica Abruzzese ONLUS hanno documentato che alcuni dei cantieri sono letteralmente finiti sott’acqua.
Scrivono in un comunicato “il Fiume Pescara ha letteralmente sommerso diversi cantieri dell’elettrodotto in provincia di Pescara e occupato aree in cui presto dovrebbero iniziare i lavori per altri sostegni. Video e fotografie raccolte sabato mattina sono inequivocabili, con scavi che sembrano diventati piscine, recinzioni divelte e strade di accesso ai cantieri che somigliano più a laghi” definendo “raggelante l’immagine relativa all’area del sostegno 15, posta a pochissimi metri dall’alveo normale del fiume e attualmente solo picchettata. Nelle immagini si vede l’apice del picchetto d’angolo sporgere di poco oltre il pelo dell’acqua, in piena corrente. Sul sito che dovrebbe ospitare il sostegno 16, non ancora realizzato grazie all’azione dei proprietari e dei cittadini che si sono opposti all’occupazione, il fiume scorreva come un torrente. Arriviamo quindi al paradosso che Terna dovrebbe ringraziare quelli che allora ha definitivo “intrusi esagitati” perché se fosse stato aperto il cantiere sarebbe stato letteralmente travolto dalle acque.
Il cantiere del sostegno 19 era del tutto irraggiungibile, sommerso dall’acqua come la strada d’accesso. Inaccessibile, tranne per i gabbiani, che si vedono nelle foto volare attorno al cantiere!” e sottolineando che “tutto ciò è accaduto con una piena di modeste dimensioni. Inoltre quando siamo arrivati l’acqua era già iniziata a scendere, secondo quanto riportato dai residenti. Non osiamo immaginare cosa potrebbe accadere con un evento simile a quello del 1992 (che non fu neanche la più grave alluvione del Pescara mai registrata) o peggio”.
“Cosa succederebbe con un’alluvione?”
Secondo i comitati e movimenti gli elettrodotti in Abruzzo erano favoriti da una determina di Antonio Sorgi, superdirigente della Regione Abruzzo da anni criticato e attaccato dagli ambientalisti per atti della Commissione VIA(Valutazione d’Impatto Ambientale) che secondo loro avrebbe effetti “dirompenti”. La direttiva avrebbe permesso “di accettare questi grandi infrastrutture praticamente ovunque, addirittura teoricamente anche a Campo Imperatore nel Parco Nazionale del Gran Sasso”, zone secondo gli attivisti non escluse ma soggette soltanto ad un criterio di “repulsione” che potrebbe essere superato “in caso di necessità”. A fine novembre, dopo le prese di posizioni dei cittadini e dei movimenti, il presidente della Regione D’Alfonso ha “revocato in autotutela” questa determina.
Corpose le criticità segnalate in un dossier dai comitati e movimenti, dai vizi in fase di “partecipazione della cittadinanza” (previste dalle leggi italiane e da direttive europee!) a modifiche del progetto in corso d’opera, dalla presenza di 5 “sostegni” dell’opera in siti “potenzialmente contaminati o contaminati”, dalla compresenza di altri progetti dal forte impatto ambientale (gli ambientalisti citano il progetto di stoccaggio di metano “Poggiogiorito” alla presenza di “specie faunistiche tutelate dalle direttive comunitarie” che “avrebbero dovuto portare a rivedere diversi aspetti dell’opera” fino a varie possibili irregolarità legate alle valutazioni ambientali.
Ripercorre la vicenda (e i timori e contestazioni della popolazione) un articolato dossier del Centro Sociale Zona Ventidue di San Vito Marina. Le e i militanti di Zona22 definiscono l’opera “Un’infrastruttura tecnologica considerata (fino al 2007) strategica per il trasporto dell’energia, ma da molti osteggiata perché costosa e dall’impatto irreversibile sui territori. La pericolosità di quest’opera è data dai campi elettromagnetici che vengono considerati perfino dall’AIRC gravemente rischiosi per la salute umana. Inoltre la presenza di questa grande opera porterebbe ad un notevole deprezzamento dei terreni e delle case”.
Il dossier di Zona Ventidue evidenzia il ruolo di Milo Djukanovic, Primo Ministro montenegrino “rimasto al potere per più di vent’anni” e “conosciuto in Italia per essere stato inquisito dalle procure di Bari e Napoli per contrabbando internazionale di sigarette e uscito pulito dall’inchiesta solo grazie all’immunità parlamentare”. Ricorda Zona22 che “nel 2007 Prodi e Bersani, poi nel 2010 Berlusconi e Scajola cominciano gli accordi di cooperazione commerciale con il primo ministro del Montenegro Milo Djukanovic”. Negli anni “sono in tanti dal Belpaese a varcare l’Adriatico e a mettersi in prima fila per partecipare alle trattative con il governo del Montenegro. Tra questi: A2A, Enel,Terna, Banca Intesa, Ferrovie dello Stato, Edison, Valtur, Todini.
Gli accordi più interessanti sono quelli sull’energia.
Il Montenegro sta procedendo a una massiccia privatizzazione delle sue aziende energetiche e
la multiutility A2A coglie l’occasione prendendo il 43% della società pubblica montenegrina EPCG (Elektropriveda) con un investimento di 500 milioni di euro.
Nell’acquisizione di EPCG saranno determinanti per a A2A i fondi di investimento (5%) in mano a Beselenin Barovic anche lui coinvolto nell’inchiesta sul contrabbando internazionale.
In Montenegro, oltre ad A2A, che realizza quattro centrali idroelettriche, c’è possibilità anche per altri di spartirsi la torta. Terna si aggiudica la costruzione dell’elettrodotto sottomarino Pescara-Tivat, Enel un impianto a carbone e Duferco un termovalorizzatore.
Il progetto “Srednja Drina”
È chiaro il progetto a cui le imprese italiane lavorano: costruire impianti per la produzione di energia pulita, trasportarla in Italia attraverso il cavo sottomarino, e distribuirla sul territorio nazionale costruendo nuovi elettrodotti”. Vari sono gli aspetti legati direttamente alla costruzione dell’elettrodotto Tivat-Villanova. Si legge infatti nel dossier “l’elettrodotto sottomarino di Terna, non trasporterà solo l’energia del Montenegro ma anche quella della Serbia e della Bosnia Erzegovina. In Serbia Scajola nel 2009 prende l’impegno, a nome del governo, di acquistare per 15 anni energia verde e di costruire tredici centrali idroelettriche. Il prezzo concordato è di 150 euro a megawattora, più del triplo rispetto al prezzo di mercato serbo. Più del doppio di quello italiano.
Il 7 giugno 2011 l’Italia conclude un accordo con la Republika Srpska (una delle due entità politiche che in base agli accordi di Dayton compongono la Bosnia Erzegovina) per la costruzione di tre dighe sul medio corso della Drina. Un investimento di 830 milioni di euro.
Nel progetto “Srednja Drina” viene coinvolta anche la Serbia, che il 25 ottobre 2011, attraverso la più grande compagnia elettrica nazionale (EPS) firma un accordo per la costituzione di una joint venture con Seci Energia del gruppo Maccaferri (che controllerà il 51% della società), per la costruzione di dieci centrali idroelettriche sul fiume Ibar. L’energia prodotta dai fiumi Ibar e Drina verrà mandata verso il Montenegro e poi trasferita in Italia da Tivat a Pescara con un cavo Terna, la cui costruzione è prevista per il 2015, con un costo di 860 milioni di euro.
Nel rapporto 2012 la rete CEE Bankwatch riscontra irregolarità nel progetto: l’accordo tra Serbia e Italia sarebbe stato fatto senza gara d’appalto, e Seci Energia non ha alcun tipo di esperienza nella costruzione di centrali idroelettriche. Perplessità anche sull’impatto ambientale delle opere perché l’energia proveniente dalle centrali sulla Drina e sull’Ibar dovrà attraversare il territorio di due parchi nazionali (Lovcen e Durmitor) e una riserva naturale protetta dalla convenzione Natura 2000. Il punto di partenza della linea di trasmissione si trova nei pressi di una centrale a carbone e c’è il pericolo che all’interno del cavo marino di Terna possa passare anche energia non pulita”.
Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica e i Comitati Abruzzesi No Elettrodotto focalizzano l’attenzione sulla trasparenza e sul ruolo degli enti locali. Augusto De Sanctis del Forum confronta quanto accaduto con l’elettrodotto Tivat-Villanova alle procedure adottate per l’interconnessione Belgio-Francia-Inghilterra e il Western Link in Scozia. In entrambi i casi la trasparenza è stata totale e la partecipazione facilitata, con siti web dove si può scaricare ogni documento e dettaglio delle due opere. Per il cavo che dal Montenegro giungerà in Abruzzo “il confronto è impietoso” scrive De Sanctis. “Il comune di Pescara, a Decreto di Autorizzazione concesso dal Ministero dello Sviluppo nel 2011, ammette di non avere il progetto esecutivo. Terna, qualche anno fa, dedica una paginetta del suo sito per rispondere ad alcune critiche arrivate dai cittadini”. “Per avere la documentazione, precisa – devo supplicare gli enti e partecipare a 5-6 assemblee di cittadini dove l’unico Comune che sta cercando di informarli, S. Giovanni Teatino, mi fa vedere la mappa ufficiale che hanno loro sul percorso, uno schizzo dove a malapena si capisce dove passa l’opera. Nulla è pubblico e scaricabile online, tranne il decreto autorizzativo (ci mancherebbe!) dove però non sono consultabili mappe, dettagli costruttivi ecc. Manca… il progetto!”.
“Nessuno contesterà”, dice il Comune…
Durissimo il giudizio del Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua e dei Comitati anche sul ruolo di alcuni enti locali che, accusano in un comunicato del 5 febbraio, “per qualche euro hanno addirittura firmato accordi in cui si prevede che il Comune si impegna ad intervenire attivamente per cercare di prevenire e dirimere ogni conflitto ambientale, territoriale e sociale dovesse sorgere. Praticamente il comune, per conto di una S.P.A. che oggi ha capitali cinesi, si impegna a mettere la sordina all’opinione pubblica!
Addirittura il Comune di Pescara si impegna a restituire le somme ottenute, perline colorate rispetto ai profitti giganteschi di miliardi di euro che l’opera muove, se il cavo non dovesse essere realizzato per, testuale nell’accordo, l’insorgere di conflitti sociali! Un ente si impegna a rispondere per le azioni dei suoi cittadini, cioè di terzi.
Quindi gli enti locali devono solo sperare e auspicare che i loro cittadini stiano zitti. Tutto ciò si può leggere nell’accordo TERNA-Comune di Pescara”.