Sarah e Lea
Delitti gridati e delitti lasciati nel silenzio
C’è un delitto per il quale il processo non si è ancora aperto, ma immagini e parole ci hanno già sommerso. Di Avetrana, e della fine di Sarah Scazzi, sappiamo fin troppo, al punto da essere entrati in una perversa familiarità mediatica con “zio Michele”, Cosima, Sabrina. Una tragedia privata che la nostra informazione ha fatto diventare storia nazionale.
C’è un altro delitto, non meno orribile, per il quale è in corso da mesi un processo che ora dovrà ricominciare: ma l’uccisione di Lea Garofalo (collaboratrice di giustizia sciolta nell’acido dalla ‘ndrangheta a Milano) non ha meritato l’affollarsi morboso delle telecamere in tribunale. Eppure si tratta di un dramma pubblico, perché parla di come la criminalità organizzata sia penetrata nel tessuto di un intero Paese, spazzando via ogni illusione di “isole felici”.
C’è un metro che il giornalismo è chiamato a usare per scegliere tra le infinite possibili notizie: la rilevanza sociale del fatto. Quante persone tocca, quante vite coinvolge. Non quanto fa commuovere, o quanto fa salire lo share. L’inchiesta al posto della lacrima, i dati anziché le emozioni. E’ il metro dei Siciliani Giovani. Auguri da tutti coloro che credono in un ruolo civile dell’informazione.