L’ANM apre le porte del Tribunale
Studenti e insegnati a lezione, argomento: la giustizia, il diritto e le mille contraddizioni di un sistema che merita una vera riforma.
Giornata insolita al Tribunale di Catania. Nella mattinata del 17 gennaio i corridoi e le aule dell’austero Tribunale sono state invase da studenti e insegnati che, guidati da magistrati nella veste di inediti ciceroni, hanno avuto modo di conoscere un mondo spesso osservato solo attraverso il filtro dei media. I giovani studenti, seduti dove di solito si accomodano pubblici ministeri, avvocati, imputati e loro famigliari, hanno avuto l’occasione di ascoltare dalla viva voce dei protagonisti come funzionano i processi, quali le regole che li disciplinano ma anche le tante problematiche ed emergenze che rendono il sistema giustizia lento e spesso poco razionale.
Tra le tante: “Cos’è la prescrizione? Coma mai un processo finisce e chi ha commesso un reato non viene condannato?”. Nelle parole dei magistrati la difficoltà di far comprendere a un ragazzo che, nonostante sia stata accertata la penale responsabilità di un noto magnate svizzero per la morte di migliaia di persone, (vedi Eternit) questi non sconterà neppure un giorno di carcere perché la sentenza definitiva non è arrivata in tempo. La difficoltà di spiegare come mai si dice sempre che la giustizia italiana è lenta. La necessità di evidenziare che lo Stato non sempre fornisce gli strumenti e le dotazioni necessarie per assolvere in maniera adeguata alla funzione requirente e giudicante. Dover ammettere che la carenza di migliaia di unità di personale di cancelleria allunga, ogni giorno, il tempo necessario per ottenere una sentenza.
L’eco delle contraddizioni del sistema giustizia viene ripreso nel corso della conferenza stampa della Associazione Nazionale Magistrati – Giunta Distrettuale di Catania – presieduta dal Pubblico Ministero Pasquale Pacifico. Tema centrale del suo intervento è stata la responsabilità civile dei magistrati alla luce del disegno di legge n. 1626.
Attualmente in Italia chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato, con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni, può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. L’azione contro lo Stato può essere, però, esercitata soltanto quando la pronuncia del giudice sia divenuta definitiva.
Il disegno di legge governativo invece intende introdurre un’azione risarcitoria che il singolo cittadino, che si creda ingiustamente danneggiato, può esperire in qualsiasi momento contro il giudice, anche in corso di causa. Evidenti sono le perplessità che una novità del genere suscita. Come potrà un giudice decide serenamente con una spada di Damocle sempre pendente sopra il proprio capo?