venerdì, Novembre 22, 2024
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“Charlie ride con noi”. Intervista a Antonio Padellaro, direttore de “Il Fatto Quotidiano”

“Perché la matita sarà sempre al di sopra della barbarie, perché la libertà è un diritto universale, noi, Charlie, pubblicheremo il vostro giornale del mercoledì. Charlie Hebdo, il giornale dei sopravvissuti”. Così scrive, sullo sfondo nero del lutto, il settimanale satiricoCharlie Hebdo che torna oggi in edicola dopo la strage che ha causato dodici morti, tra cui il direttore Stéphane Charbonnier, e diversi collaboratori storici del periodico (Cabu, Tignous, Georges Wolinski, Honoré). Oggi  il settimanale è in edicola con una tiratura di tre milioni di copie in 25 paesi. In Italia esce con “Il Fatto Quotidiano”. Le ragioni di questa scelta le spiega ad Articolo21 il direttore Antonio Padellaro.

Perché avete deciso di uscire in edicola in abbinamento al settimanale satirico Charlie Hebdo?
Per quattro ragioni fondamentali: innanzitutto per il valore immediato di solidarietà con giornalisti che sono stati sterminati perché difendevano il loro diritto a dire o a scrivere. Possiamo o meno condividerle ma il loro diritto di farlo va tutelato, e andava tutelato meglio anche dallo stato francese che li ha lasciati soli. La seconda ragione è per una solidarietà concreta: una parte dei proventi delle vendite sarà messa a disposizione delle famiglie delle vittime. Terzo, una riaffermazione del fatto che l’informazione non deve essere solo libera ma deve circolare. E questo abbinamento lo facciamo ma da soli, stranamente se non ci fosse stato “Il Fatto Quotidiano” Charlie Hebdo non avrebbe avuto circolazione nelle edicole italiane. E poi, la dimostrazione che il terrorismo, anche il più violento, quello di questi macellai ottiene sempre e soltanto l’effetto contrario di quello che si propone: Charlie Hebdo stava chiudendo perché non stava più in piedi come impresa e oggi sarà il giornale più popolare al mondo. Pertanto questi killer mi sembrano ben poco lucidi e non fanno altro che rinforzare la democrazia e spero anche la libertà di informazione.

“Siamo tutti Charlie”. E’ lo slogan più utilizzato dopo la strage di Parigi anche da coloro che in questi anni hanno tentato ripetutamente – in qualche Paese purtroppo con successo – di mettere il bavaglio all’informazione e alla satira.
E’ la fiera della melassa e dell’ipocrisia. Domenica in prima fila con il presidente Francois Hollande c’erano alcuni dei peggiori despoti del pianeta e sfilavano per le strade di Parigi inneggiando alla libertà di espressione mentre nei loro paesi incarcerano i giornalisti che non stanno in riga.

Al tempo stesso c’è chi, indignato dal carattere offensivo e dissacratorio delle vignette ha proposto che la satira sia regolamentata per legge
E’ folle. Possiamo respingere vignette o scritti e siamo liberissimi di cambiare canale quando vogliamo. Che non vuol dire abolire quel canale ma fare in modo, semmai che esso possa esistere. Si richiama sempre la massima di Voltaire (“Non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinchè tu possa dirlo”, ndr) ma mi sembra che essa rimanga generica e astratta, buona per i libri di scuola ma mai applicata concretamente.

Sicurezza. E’ la parola che oggi risuona maggiormente
Dovrebbe essere assicurata ma non è così. E’ incredibile, e se ne parla poco, che il giornale più minacciato al mondo era sorvegliato da un povero poliziotto che è stato ammazzato immediatamente, tra l’altro da due killer che sembravano piuttosto sprovveduti e che non conoscevano neanche l’indirizzo della redazione…

“La ragnatela del terrore”. “La guerra di civiltà”. Sono alcune delle espressioni più usate per contestualizzare questa strage.
Trovo demenziale questo richiamo continuo alle guerre di civiltà o alle guerre di religione. Ci sono le guerre ovviamente, ci sono i gruppi terroristici ma le democrazie hanno tutti i mezzi per schiacciare questi scarafaggi. Se non lo fanno gli scarafaggi aumentano. Le democrazie come l’Europa e l’America hanno una potenza incommensurabile rispetto a questi fenomeni. Devono agire secondo le regole democratiche ma con efficienza affinché questa gentaglia venga messa in grado di non nuocere più.

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