domenica, Novembre 24, 2024
-mensile-Periferie

Il bambino e la favela

Minha brincadeira è usar droga”, il mio divertimento è la droga. Infanzia nel pianeta Terra

Il sole è già alto e forte, illumina e scalda San Paolo, già stremata da un traffico sempre più infernale. Tutti aspettano la pioggia che non arriva, e, quando giunge, è lieve, non bagna, non fuma e non riempie la Barra da Cantareira, il grande bacino idrico della città che si sta giorno dopo giorno prosciugando. In molti quartieri l’acqua è razionata. I ricchi però possono permettersi l’arrivo di camion “pipa” cisterna, per sedare l’assenza di un bene talmente essenziale, di cui ci si ricorda, solo quando manca, senza mai riflettere realmente sul perché, sulle cause.

Sandro, responsabile del Centro San Martino da Lima, dove ogni giorno passano 600 uomini e donne di strada, mi accompagna nel centro della città. Scesi dal metro, ci dirigiamo verso Praça Dom Josè Gaspar. E’ il luogo di riferimento e d’incontro dei bambini e degli adolescenti che vivono direttamente sulla strada. Un censimento dell’associazione di Sandro, ha registrato la presenza di 212 bambini e 221 adolescenti. In piazza ce ne sono almeno una cinquantina, formando piccoli gruppi, come a difesa. Ci avviciniamo ad uno di questi. Sono in sei, tutti adolescenti. Iniziamo a parlare con Diego, ma non è il suo vero nome, è il suo soprannome, il suo nome di “guerra” come ci dice. Vive lì da 7 anni, vi è arrivato quando ne aveva 6. Ha subito imparato a procurarsi il mangiare, l’acqua, vestiti, un po’ di denaro e altre cose che incontra camminando. Ci chiede di seguirlo per mostrarci come si procura queste cose.

Arrangiarsi nella strada

Sandro ed io ci guardiamo, pensando che voglia coinvolgerci in qualche malefatta. Niente di tutto questo. In pochi minuti, muovendosi come a casa, riesce a procurarsi dai negozianti -dai quali è certamente conosciuto- una bottiglia di acqua, dei biscotti, un panino con la mortadella, una bibita e un complimento. “Tu sei bello”, gli ha detto una giovane ragazza bionda. Si sono fermati a parlare rapidamente. Lei gli ha fatto un altro complimento e un sorriso, poi ha ripreso il cammino. Diego, restò molto felice. Continuando la conversazione ci ha spiegato, che vivendo nella strada si deve “arrangiare”: ou usar o seu carisma-a usare il suo carisma. Egli ruba e ci racconta senza mezze parole i segreti di questo suo “lavoro”, lo chiama così. “Prende i cellulari dalle borse delle persone senza farsene accorgere”. Ci spiega che mai ruba nelle borse leggere di tela, è pericoloso, se ne accorgerebbero subito.

Diego non sa né leggere né scrivere. Ha provato ad andare a scuola, ma non si trovava bene. Era ribelle, litigava continuamente con i compagni. Fu espulso e non ci è più tornato.

Improvvisamente si avvicina a Diego, Davi 2, nel suo gruppo c’è un altro Davi, più grande, di conseguenza lui è il n. 2. Ha sette anni. Al contrario di Diego, chiede l’elemosina e qualsiasi tipo di aiuto.

La notte dorme in un carretto

E’ troppo piccolo! Ci racconta che cammina e corre tutto il giorno per il centro. La notte dorme in un carretto al lato della strada con altri due suoi compagni. Dà baci, dice ciao a tutti con una tale simpatia che molti sorridono, mentre alcuni si fermano. Per adesso, ci dice, ho tutto ciò che mi necessita.

Diego ha passato la sua infanzia senza che nessuno avesse cura di lui. Non sa cosa è giocare. Ci racconta che il suo gioco è stato sempre picchiarsi con altri suoi coetanei. Nel frattempo ci hanno raggiunto altri due suoi amici adolescenti. Ascoltando Diego, uno di loro entra nella conversazione. Gli chiediamo il nome e l’età, niente nome, dice solo che ha 13 anni. Ci rivela che il suo divertimento e’: “minha brincadeira é usar droga-il mio divertimento è usar droga”, con voce roca e gli occhi quasi chiusi da tanto tirar colla e fumare crack. Non una voce, ma un lamento, come a lanciare un ultimo grido, sapendo di non essere ascoltato e che di lì a poco la sua vita si alzerà come fumo nel cielo.

Una baracca piccola, per bambini

Ci guardiamo Sandro ed io. Ci sediamo su una panchina di cemento all’inizio del giardino che orna la piazza Josè Gaspar. Il silenzio diventa parte di noi, comprendiamo che il tempo è qui, dentro di noi, è un sentimento che ci accompagna, mentre i nostri sguardi cadono su questi silenzi di vita, che urlano. Spesso il tempo è un nemico che ci corrode la vita e ci consegna al nulla. Oppure è un dono affidato alla nostra responsabilità, rivelandosi compagno?

E’ come uno svegliarsi quando Mateus, 8 anni, batte la sua mano sinistra sul mio ginocchio scoperto, vecchio e fragile. Con il dito ci indica una baracchina piccola, per bambini.

Il progetto Agua Doce

Ci chiede di seguirlo, è lì a pochi metri, ci fa girare intorno alcune volte, come a farci capire che quella è la sua casa. Mi inginocchio, ma dopo pochi secondi i miei ginocchi chiedono di rialzarsi. Ci tira per i pantaloni, non vuole che ce ne andiamo. Si avvicina un uomo di strada, alto, si chiama Adalberto. Sicuramente deve avere osservato il nostro stare con Mateus. Ci dice, guardandolo: “Mateus, finge que essa e uma casa, ele tem este sonho-Mateus-fa finta che questa è la sua casa, questo è il suo sogno”.

Progetto Agua Doce – Petropolis/Baixada Fluminense (Rio de Janeiro)

Ho passato cinque giorni tra Petropolis e la Baixada Fluminense ospite di Waldemar Boff. Ho visitato le realtà operative e fatto incontri con gli educatori e formatori popolari che insieme a Waldemar sono punto di riferimento per le popolazioni del quartiere “Sertao de Carangola” a Petropolis e in vari quartier della Baixada in cui operano.

Attualmente il progetto è così sviluppato:

Petropolis-Sertao de Carangola

Nel centro sociale operano tre educatori, Devanise, Delia e Julia. Da lunedì al venerdì, dalle 14 alle 18; circa 30 giovani della comunità partecipano a varie attività: doposcuola, lettura, danza, piccolo artigianato e capoeira.

Baixada Fluminense

1- Asilo Vera con 40 bambini;

2- Casa della Delicatezza e sede Agua Doce.

In questi due locali si svolgono corsi di formazione sulla sostenibilità e l’alfabetizzazione ecologica per adulti delle comunità della Baixada e per le classi delle scuole di Magè. Negli altri due municipi: Duque di Caxia e Belfor Roxo, sono gli educatori che vanno direttamente nelle scuole primarie a fare i corsi di alfabetizzazione ecologica.

Corsi di formazione politica. Sviluppo della conoscenza dei diritti (più avanti troverete un esempio pratico).

Corsi di prima scolarizzazione, richiesto da donne-madri che abitano intorno alla struttura, i “vicini” che non sanno leggere e scrivere bene, sono una ventina le partecipanti.

Nella casa della delicatezza si svolgono anche corsi di cucito e di pittura su tessuto.

La biblioteca ecologica

All’interno della Scuola elementare di Magè è stata realizzata una biblioteca ecologica, coordinata da Mery.

Remanso. E’ la località dove si trova la foce del rio-fiume Surui, zona di preservazione ecologica che fa parte della Baia di Guanabara, la grande baia che si apre a partire dalla città di Rio de Janeiro. Proprio al termine della foce sorge una struttura di Agua Doce, dove Wanderli, quotidianamente accoglie e spiega l’importanza delle preservazione ambientale, mostrando diapositive. intrattenendo conversazioni con le persone che arrivano, in particolare nel periodo estivo, quando la gente vi si reca per prendere sole o fare un bagno.

Recupero fonti naturali di acqua. Sono state recuperate attraverso un lavoro storico a partire dalla “conoscenza” dei nativi due fonti di acqua purissima. Sono stati fatti i lavori di incanalatura, costruita un’area di sosta, con panchine in muratura per permettere alle persone comodità e possibilità di relazione mentre attendono che il loro turno. E’ stato realizzato un grosso pannello in cui si spiega la storia della fonte e l’importanza della salvaguardia dell’ stessa. Tre volte alla settimana un educatore si siede alla fonte e si intrattiene con i presenti, spiegandone l’importanza e altro che nasce…

Centro “Nonna Angelina”

Centro “Nonna Angelina”. E’ un centro dove la comunità degli anziani si può ritrovare e passare delle ore parlando, bevendo qualcosa, un biscotto dove, -esempio pratico richiamato sopra, sui diritti- un’educatrice ricostruisce tutta la storia di queste persone per far si che sia riconosciuto loro il diritto ad una pensione sociale o una pensione da lavoro, per chi ha lavorato ma si trova in una condizione di povertà e indigenza che non gli permette di non conoscere i propri diritti. Molte sono le ricostruzioni che vanno a buon fine.

Gli educatori e i formatori che partecipano a questi progetti si chiamano: Waldemar, Sueli, Maria dos Rimedios, Odette, Zè, Conceiçao, Popunha e Ivette.

Asilo Michele Carrara e Centro sociale Maria Barcella

All’arrivo nel quartiere di Vila Esperança dove si trovano l’asilo a piano terra e il centro al primo piano, si percepisce subito un’aria pesante. Entriamo nella strada dedicata a Michele, incontriamo due pioli di cemento piantati ai due lati, sporgono un metro dal marciapiede, nel restante spazio un grande tronco ne impedisce l’accesso. Waldemar saluta alcuni giovani, apparentemente nulla facenti che chiacchierano e passeggiano intorno al tronco. Come d’incanto sorridono, spostano il tronco fino a fare lo spazio per poter passare con la piccola Fiat mille. Percorsi i duecento metri che ci separano dall’asilo che si trova a sinistra e dalla casa da Farinha, dove si preparano rimedi-medicine naturali, qui vi opera Francisca, dobbiamo fermarci una quindicina di metri prima. Da una settimana i “capi del traffico della droga” hanno fatto costruire due muri di cemento larghi un metro e mezzo nel centro della strada per impedire l’accesso. Ci avviamo a piedi verso l’asilo. Attualmente è chiuso. Lo cura Alexandra, che coordina al primo piano diversi corsi di formazione che vedono impegnate una trentina di donne del quartiere: manicure e pedicure, parrucchiera, taglio e cucito, artigianato riciclando carta lucida delle riviste, biscotti e cioccolatini.

La casa da Farinha dove si producono medicine popolari: sciroppi, pomate, capsule, infusi vari, per vari tipi di problemi, oltre a shampo e saponi, è molto frequentata dalle donne del quartiere, avendo queste produzioni un costo bassissimo. Francisca intrattiene le donne spiegando i benefici. Dopo la casa da Farinha, c’è un terreno dove Alexi, un vecchio contadino, insegna a coltivare a orto e frutteto, a otto giovani della favelas dai 13 ai 16 anni.

In merito all’asilo, Agua Doce, è in continuo contatto con il Comune affinché lo prenda in carico. Ma ci sono al momento ci sono grossi problemi. La zona è controllata dai trafficanti e le persone che “dovrebbero” andarci a lavorare se il Comune l’assume, hanno paura. Il capo del traffico ha inviato un emissario da Waldemar, affinché Agua Doce lo passi a loro. Waldemar e la direzione di Agua Doce, si sono naturalmente rifiutati. Aspettiamo gli sviluppi.

L’asilo ha funzionato per quasi venti anni. Accogliendo 40 bambini seguiti da 5 educatrici, una cuoca e una donna delle pulizie. Da ormai un anno è chiuso per mancanza di fondi per sostenerlo.

Casa Vida 1 e 2

Lavoro con il popolo della strada a San Paolo: le due Case Vida attualmente accolgono, la prima, 31 bambini, mentre la seconda 32. Tutti nati con AIDS. La stragrande dei quali sono abbandonati dopo la nascita in ospedale senza sapere che ne sono colpiti. Altri, perchè la mamma una volta venuta a conoscenza, lo abbandona, perchè povera e senza un compagno. Qui sono accuditi e accompagnati da educatrici, seguono tutto il normale percorso di crescita ed educativo. In alcuni si manifestano dopo qualche anno problemi neurologici e di ritardi. All’età scolare frequentano le scuole come gli altri ragazzi, alcune psicologhe, durante questa crescita aiutano i ragazzi e le ragazze a comprendere la loro malattia. L’associazione Nossa Senhora do Bom Parto, che sostiene questo lavoro e il Centro San Martino de Porres, di cui scriverò a seguire, all’età di sedici-diciotto anni, gli introduce al lavoro attraverso corsi di formazione o inserendoli nella stessa associazione.

Centro San Martino de Porres. E’ il punto di riferimento del Popolo della strada della zona est della città. Il Centro quotidianamente accoglie circa 800 persone. Queste hanno a disposizione bagni, docce, una biblioteca, un pranzo caldo e abbondante, un punto di riferimento dove possono lasciare il proprio indirizzo per ricevere lettere o comunicazioni, una psicologa e vari assistenti sociali, oltre a 30 persone salariate che ci lavorano. La metà delle quali sono ex persone di strada che frequentando il Centro sono riuscite a ricrearsi un’identità e una dignità. La strada è vita e emarginazione, è incontro e violenza.

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