“Niente, non è successo niente”
Avete mai sentito parlare di Milazzo? No? Meno male. Perché esattamente un mese fa, il 27 settembre 2014, questa “ridente cittadina sul Tirreno” per alcune ore ha rischiato di finire sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per un terrificante incidente petrolchimico, alla fine rientrato. “Ci ha salvato la Madonna” dice don Peppe Trifirò, il vecchio parroco che da anni si batte contro l’inquinamento della locale mega-raffineria. Forse. Ma se anche le autorità preposte le dessero una mano (controllo dei livelli chimici, serbatoi non a ridosso delle case, piani d’evacuazione adeguati e tutto il resto) forse non sarebbe male
“NOI, LE DONNE DEI LENZUOLI”
di Olga Nassis
Milazzo – Sono passate solo quarantott’ore da quella notte in cui sembrava di essere a Fukushima, una notte che nessuno di noi è sicuro di superare.
L’odore è insopportabile, il serbatoio continua a bruciare. Ma sono solo residui, dicono. “Tutto sotto controllo” dice la Raffineria, che prosegue la produzione.
Le scuole sono aperte, cessato allarme, come se nulla fosse accaduto. Ma quel silenzio nel paese è una novità, così come sono nuovi gli sguardi della gente, smarriti, inquieti.
Di buon mattino accompagno i bambini a scuola, li lascio a malincuore.
“E se succedesse ancora ed io non sono con loro…”. Incontro un’altra mamma, Matilde.
“Siamo vive per miracolo” fa. Le informazioni su quanto era accaduto e su quanto poteva ancora accadere arrivano rade, confuse e discordanti.
“Come facciamo a sapere?”.
Un lenzuolo! Mettiamo un lenzuolo ai balconi”.
Ci ha spinto il bisogno di protesta, di un segnale tangibile per tutti. Qualcosa come dire: basta!
Basta al silenzio, alla rassegnazione. Non potevamo più accettare di rivivere il terrore di quella notte. Anche soltanto respirare ci faceva paura. Respirare chissà che veleni di un mostro che di morti e malati ne ha già fatti tanti.
Il lenzuolo è innocente è purezza. Forse almeno lui può dare una risposta. Così, seduta stante, abbiamo mandato un sms a tutti quelli che conoscevamo. Forse, insieme, la voce sarebbe diventata più potente.
Scrivi: “Io non ci sto”
“Metti un lenzuolo bianco al balcone per protestare. Scrivi IO NON CI STO. Cammina con la mascherina. Non mollare. Fai passa parola!”.
Nel giro di poche ore sui balconi della Valle del Mela e di Milazzo si vedono i primi lenzuoli bianchi. Certo, non tutti hanno il coraggio di farlo. La paura di esporsi… Certo, “la Raffineria dà lavoro”. “Non ci pensate all’indotto? Quel nostro po’ di ricchezza…”.
Questo, per cinquant’anni, ci hanno insegnato. “Richiamate i vostri uomini… ora arriva il lavoro” gridava Enrico Mattei. Ma la ricchezza, alla fine, ci ha solo sfiorati. E i costi sono stati infiniti. Lavoro per alcuni, malattie per tanti, ma disagio e conflitto per tutti.
“Noi non abbiamo paura” dice ora Barbara “Noi siamo gli altri, noi siamo quelli che mettiamo il lenzuolo al balcone della nostra casa, noi abbiamo un nome, un cognome e un indirizzo civico che si riconosce dal lenzuolo”.
Per noi è stato uno tsunami
Quello che per gli economisti è un “flusso”, per noi è stato uno tsunami. Il loro flusso si serve della marginalità e del sottosviluppo, e si nutre della totale opacità: della politica, dei controlli, della sicurezza, delle conseguenze sulla salute e sul futuro dei luoghi in cui viviamo. Tutto dentro un Sistema.
Un sistema di occultamento programmatico, di mimetizzazione degli obiettivi: chi deve fare i controlli non ha gli strumenti, chi deve garantire la salute si affida ai saperi aziendali, chi deve pianificare il futuro delega tutte le scelte alle multinazionali.
Un sistema autoritario, che si nasconde dietro tecnicismi, “saperi” chimici, epidemiologici… parole che servono solo a lasciare le cose nell’ambiguità. Un sistema di rassicurazioni date all’arena degli schiavi tenuti volutamente nella divisione e nel disordine. “Raffineria per tutti – morale della favola – e poi ognuno per sè”.
La crisi del petrolio non è un’utopia lontana, c’è già ora. Perché non dare allora una visione d’insieme alla gente che c’è coinvolta? Perché non dire finalmente le cose come stanno? Perché lasciare l’ultima parola all’industria? Siamo sicuri che le risposte stiano tutte a casa sua?
Dove c’era l’Acquaviola
Prima che arrivasse la raffineria, in quella costa piena di ruscelli e gelsomini – l’Acquaviola, la chiamavano – le donne andavano a lavare la lana e i lenzuoli bianchi. Si lavavano, si stendevano, si piegavano, si mettevano nei cassoni di vimini e lì venivano conservati in attesa del matrimonio.
E’ stata un’emozione per tutte noi stendere quei lenzuoli bianchi. Il fatto di non essere sole in questo gesto, di farlo tutte insieme, ci ha fatto capire molte cose. Condividere le percezioni aiuta a decodificare la realtà. “La paura può essere vinta, se ci si unisce in una rete sana” dice Paola.
Chiediamo un ripensamento serio, radicale, che non lasci scontento nessun essere umano. Sappiamo che è possibile. Chiediamo di conoscere le cose come stanno. Le attività economiche le misuri con gli indicatori economici, ma a misurare quelle umane sono gli stessi corpi che percepiscono l’odore, il rumore, il paesaggio e anche il dolore. Ecco, questi indicatori ci dicono che i limiti di tolleranza li abbiamo superati.