Gli armadi della Repubblica
I segreti di Cattafi
Fra le tante notizie estive, una riguarda Catania (un luogo, come sappiamo, non solo geografico) molto trasversalmente. Un killer di Santapaola, Avola, pentito dopo molti omicidi (fra cui, per mandati eccellenti, cui quello di Giuseppe Fava), racconta di un complotto mafioso, nel ’92, per assassinare il magistrato Antonio Di Pietro. Ci sono, secondo il sicario, finanzieri come Francesco Pacini Battaglia, politici come Cesare Previti (che smentisce indignato), boss catanesi come Eugenio Galea e Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano, referenti siculo-calabresi come Michelangelo Alfano e, in rappresentanza dei Noti Servizi, Rosario Cattafi.
La cosa finisce lì, per quanto ne sappiamo (e ne sappiamo ben poco) e agli atti resta soprattutto l’inquietante presenza, in un classico summit mafia-politica, d’un uomo coi piedi in entrambe come Cattafi.
Politica in senso assai ampio, che va dal rifacimento delle repubbliche (da prima al seconda, con relativi governi, a sanguinose “rivoluzioni”, “di sinistra” o di destra.
Queste ultime, con servizi segreti, strateghi “alleati”, attentati esplosivi e pallottole a iosa, coprono tutti gli anni Settanta e parte degli Ottanta, valendosi fra l’altro di gruppi come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, in parte reclutati e in parte manovrate da fuori. Poi il turno passa alle “rivoluzioni” “di sinistra”, e stavolta a essere manovrati e/o infiltrati sono gruppi come le Brigate rosse della seconda fase, coi promotori originari già morti o in galera. Mafia camorra e ‘ndrangheta, in questo periodo, sono semplici associazioni criminali (ufficialmente) che di politica s’interessanto poco e niente, salvo – in Sicilia – “fare le elezioni” per i governi e far fuori gli oppositori.
L’omicidio Caccia
Il 26 giugno 1983 un uomo sta portando a spasso il cane dopo una giornata di riposo. Arriva una macchina con tre uomini a bordo che aprono il fuoco con quattordici colpi di cui tre alla nuca. Muore così il procuratore capo di Torino Bruno Caccia. Caccia era stato il primo a intuire quella che dieci anni dopo sarebbe stata Tangentopoli, e a capire quanto già fosse forte a Torino la ‘ndrangheta, che al nord allora era praticamente sconosciuta.
Fu un boss della ‘ndrangheta, Mimmo Befiore, a dare l’ordine dell’agguato. Ma una rivendicazione brigatista dell’attentato fu tuttavia preparata, e fu stampato il relativo volantino. Dove fu ritrovato il volantino? Guarda caso, in casa di Rosario Cattafi. E che fine ha fatto? Documento e verbale di perquisizione non compaiono nel fascicolo d’indagine.
Una storia silenziata
Di Cattafi non si sente parlare più molto adesso, nonostante l’arresto avvenuto due anni fa, come boss della mafia messinese, dove aveva raggiunto un grado molto elevato.. Ne si parla più di tutta la costellazione di “estremisti” neri, in realtà collegati in gran parte con le periferie dei servizi, che portarono avanti – probabilmente con successo – la politica parallela degli anni Ottanta-Novanta. Tornano nelle cronache, ogni tanto, per qualche occasionale regolamento di conti (quest’estate, a Roma); per il resto, ufficialmente, sono pantasmi del passato.
Società civile
LA NOMINA DI CUTICCHIA
Apprendiamo con vivo sconcerto che il Patto dei Democratici per le Riforme che sostiene il governo Crocetta ha affidato a Vincenzo Culicchia il Piano giovani. “Non poteva essere fatta scelta migliore – afferma il capogruppo Picciolo – che indicare una personalità qual è Culicchia di grande esperienza e capacità, nonché di grande spessore umano, per collaborare con il PDR alle riforme necessarie in settori come la formazione professionale e il mercato del lavoro“.
Chiediamo il curriculum di Vincenzino Culicchia direttamente al Presidente Crocetta, visto che proprio lui a Gela ha inaugurato, da sindaco, la casa di Rita Atria e più volte ha speso parole di elogio per Rita Atria… la Picciridda che accusava proprio Culicchia. Vero, Culicchia è stato assolto. Noi non possiamo certo condannarlo sul piano giudiziario ma lo possiamo fare su quello politico. Per noi Culicchia non è un uomo di grande spessore né politico, né umano.
Chiediamo che il Presidente Crocetta vada a cercare lo spessore politico e umano nella Relazione della Giunta per le Autorizzazioni a Procedere dell’11 maggio del 1992 (trasmessa al Ministro Martelli e il 15 giugno 1992 alla Presidenza, Casablanca nr. 25). La Camera concesse ai giudici l’autorizzazione a procedere. Poi fu assolto ma non serve una condanna per il giudizio politico. Bastano le carte i fatti, le azioni, le attività, le frequentazioni.
Rita nel suo diario aveva scritto: “Credo proprio che mai Culicchia andrà in galera. Mai nessuno riuscirà a trovare le prove che lo accusano e provino che dico la verità. Sono sicura che mai riuscirò a farmi credere dai giudici, vorrei che ci fosse papà, lui riuscirebbe a trovare le prove che lo facciano apparire per quello che veramente è ma naturalmente le parole di una diciassettenne non valgono nulla…”.
Chiediamo a chi dice di fare memoria per Rita Atria di esprimersi sulla scelta dei sostenitori del governo Crocetta e sul silenzio assenso del Presidente Crocetta. Lo chiediamo a chi si presenta con la fascia tricolore davanti alla tomba di Rita. Lo chiediamo a chi approva le leggi per il risarcimento dei testimoni nel nome di Rita Atria… e siamo certi che le associazioni che ricordano puntualmente morte e compleanni di Rita sapranno prendere le dovute distanze.
Associazione Antimafie Rita Atria