venerdì, Novembre 22, 2024
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L’antimafia distratta

“Trent’anni di mafia”: grande presentazione con intellettuali, gior­nalisti, opinionisti e au­torità varie. Peccato che il “regista antima­fia era appena stato condannato a sei anni per un gigantesco im­broglio…

“Sono un agente segreto dei carabi­nieri. La mafia mi cerca per farmi fuo­ri”. Più o meno così è cominciata la sto­ria di Mario Musotto, regista agrigenti­no, e Vincenzo Balli, un piccolo impren­ditore del settore spettacoli.

Il Balli s’è fidato e s’è messo a sua di­sposizione.

“Dobbiamo stare attentissimi, la mafia non perdona”. C’è pure un’intera squadra di “carabinieri speciali”, guidati da un fantomatico “maresciallo Orso”, che ogni tanto compaiono a rinnovare le minacce. Basta: il Balli, con l’intera famiglia, passa due anni “blindato” e “sotto copertura” senza osar mettere il naso fuori di casa, terrorizzato dai racconti del Musotto: il quale nel frattempo non manca di farsi – a spese della vittima – gli affari suoi.

Alla fine, la storia finisce a conoscenza dei carabinieri veri. Indagini, denuncia, intervento dei giudici e processo. Musoc­co becca sei anni di carcere (tribunale di Palermo, giudice Patrizia Ferro) e la storia finisce lì.

O meglio, non finisce affatto. Perché nel bel mezzo dell’estate, a Palermo, Agrigento e ovviamente su internet com­paiono dappertutto le locandine di un nuo­vo film “antimafia” (“Trent’anni di mafia”: Grande Presentazione in prima in­ternazionale galattica ad Agrigento, in Ca­nadà, negli Stati Uniti!).

Alla prima sono invitate le personalità dell’antimafia, dello spettacolo, della ma­gistratura e quant’altro; il film, ad Agri­gento, è dedicato a un magistrato in servi­zio, uno dei migliori rimasti, invitato a onorare con la sua presenza la prémiere.

Peggio la pezza del buco

Il povero Balli, venutolo a sapere, sca­tena su facebook l’iradiddìo. La cosa è un po’ imbarazzante. Il produttore del film, tale Filippo Alessi (la major è la società “Campo di Note”) “apprende con ramma­rico” la notizia, peraltro a suo tempo usci­ta dappertutto. Toglie, a lavoro ultimato e all’ultimo momento, il nome del Musotto dal cast e lo sostituisce con quello un altro tizio, non condannato per sequestro: il che per un film antimafia – ha pensato l’Alessi – è già una garanzia.

Così il film viene presentato regolar­mente, esattamente come l’aveva compo­sto il Musotto. Grande imbarazzo fra il pubblico – con le varie personalità in pri­ma fla – ma tutto sommato è andata bene. Nessuno scandalo, tranne i soliti mugugni su facebook e in rete, cui peraltro nessu­no, nella stampa ufficiale, ha ritenuto di dare particolare risalto.

“Chiedo la condanna di Musotto – ave­va chiesto l’avvocato al processo – anche per eliminarlo dal palcoscenico antimafia, utilizzato da alcuni come esclusiva fonte di business”. Condannare, in tribunale l’hanno condannato, visto che là le senten­ze le fanno i giudici e non la brava gente “impegnata” dei salotti. Però lui sul pal­coscenico “antimafia” c’è rimasto, e non pare che qualcuno – tolta la breve parente­si obbligata – abbia voglia di cacciarlo via da lì.

E intanto, al premio Sciascia…

Sempre a proposito di “antimafia”, da segnalare un altro evento del genere: non un film stavolta si tratta ma di un capola­voro della letteratura (impegnata, ovvia­mente). Il titolo della fondamentale opera è “Malerba”, edita da Mondadori (quello di “Gomorra”) e premiata a furor di popo­lo a Racalmuto, col premio Sciascia.

Il popolo, veramente, era un po’ infuria­to anche perché l’autore del capolavoro, Giuseppe Grassonelli (coadiuvato nella sua fatica da un volenteroso redattore di Mediaset) era fino a quel momento noto alle cronache in qualità non di letterato ma di ferocissimo boss mafioso e assassi­no.

Al tempo in cui capeggiava una delle cosche più feroci della Sicilia, gli stiddari, l’uomo aveva infatti esercitato il suo me­stiere con rigore e costanza, allentando il suo faticoso impegno solo per cause di forza maggiore, incarnate in alcuni carabi­nieri e un tribunale. Grazie a costoro, Grassonelli decise di cambiar carriera e di darsi alla letteratura, dove si fatica di meno e non ci sono carabinieri.

L’antico brigante è diventato così – classicamente – il beniamino della società perbene. Dei giudici e concorrenti del pre­mio Sciascia (fra cui alcuni esponenti, ahimè distratti, dell’atimafia vera) solo uno ha avuto la presenza di spirito di scappare a gambe legate dichiarandosi in­disponibile alla buffonata.

Tutti gli altri, a muso storto, hanno fatto buon viso a catti­vo gioco; qualcuno si è pure lanciato in stratosferiche elucubra­zioni sulla vis re­dentrice della letteratura e sulla necessità di assicurare comunque la preziosa testi­monianza ecc. ecc.

(Ma che ne avrebbe detto Sciascia?” s’è domandato qualcuno. Niente, naturalmen­te. Sciascia riusciva benissimo a non dire mai niente di veramente scomodo dicendo migliaia di cose terribili e all’apparenza scomodissime. Basta pensare al “profes­sionista dell’antimafia” Borsellino. E’ qua­si un contrappasso, per lui, il Grassonelli).

Un pensiero su “L’antimafia distratta

  • Salvatore Petrotto

    http://www.linksicilia.it/2014/04/la-storia-mario-musotto-quando-un-regista-mescola-cinema-e-vita/

    STAVA REALIZZANDO IL FILM “TRENT’ANNI DI MAFIA AD AGRIGENTO”. E’ STATO SOLLEVATO DALL’INCARICO PER UNA CONDANNA. UNA STORIA INCREDIBILE CHE, PER FANTASIA, SUPERA LA REALTA’ DI PIRANDELLIANA MEMORIA

    Il regista Mario Musotto, che ha collaborato alla realizzazione del film “Trent’anni di mafia ad Agrigento” – film dedicato al pubblico ministero Nino Di Matteo – è stato sollevato dall’incarico. Il film sarà ultimato da un altro regista.“

    Questo perché, nei giorni scorsi, il regista è stato condannato per sequestro di persona dal Tribunale di Palermo. Una storia raccontata da Antimafiaduemila e da Ilfattoquotidiano.

    TRENT’ANNI DI MAFIAUna notizia che lascia esterrefatte molte persone, in particolare nel mondo dell’antimafia e dei familiari delle vittime di mafia. Secondo quanto riportato da Antimafiaduemila, il giudice monocratico di Palermo, Patrizia Ferro, ha condannato a sei anni di carcere per sequestro di persona l’agrigentino Mario Musotto.

    Musotto è molto conosciuto nell’ambiente dell’antimafia della Città dei Templi, dove di recente ha girato il film “Trent’anni di mafia” che a maggio verrà presentato anche in Canada e negli Stati Uniti. Secondo l’accusa, Musotto, per due anni, dal 2004 al 2006, avrebbe sequestrato un’intera famiglia.

    Una storia che ha dell’inverosimile e che neppure Luigi Pirandello, che di Agrigento era nativo, avrebbe potuto mai immaginare. Musotto avrebbe fatto credere a Vincenzo Balli – con il quale era socio in una società di gestione di spettacoli, la Word Ticket – e alla moglie di questi, di essere oggetto di pesanti minacce per averlo ospitato e per avergli dato aiuto. Minacce che sarebbero state rivolte allo stesso Musotto per la sua pregressa attività svolta nell’Arma dei Carabinieri e per il suo impegno nella cattura di pericolosi latitanti di mafia.

    Convinto Balli e consorte del pericolo che correvano, i due, con la loro figlia di pochi anni, venivano costretti ad una vita blindata e sotto protezione 24 ore su 24. A proteggere la famiglia Balli, costretta a vivere con le imposte serrate e soggetta a trasferte in località segrete come nei migliori film di mafia nei quali il protagonista, testimone di un crimine, viene messo sotto tutela, appare una squadra di sedicenti carabinieri coordinati – a dire del Musotto – dal maresciallo Vincenzo Quarta, nome in codice “Orso”.

    di matteoA scoprire la messinscena realizzata dal Musotto, lo stesso Balli che insospettito dal mistero che avvolgeva l’intera vicenda si è rivolto ai Carabinieri, scoprendo così di non rientrare in alcun programma di tutela.

    Il Balli apprende inoltre dal “vero” maresciallo Quarta che questi era all’oscuro dell’intera vicenda. Nella circostanza il sottufficiale dei Carabinieri verbalizza le dichiarazioni dei due coniugi dando così l’avvio alle indagini che hanno portato alla condanna del Musotto.

    Il regista avrebbe poi ammesso di avere organizzato la messinscena ma affermando di essere d’accordo con Balli (all’insaputa della moglie di questi) per sfuggire ai creditori in seguito a una serie di difficoltà finanziarie della società.

    Una storia inverosimile, i cui contorni sono tutt’altro che chiari. Oltre a risultare incomprensibili le vere ragioni che avrebbero indotto il Musotto ad organizzare una simile messinscena, c’è da chiedersi chi fossero gli uomini appartenenti alla squadra di sedicenti carabinieri che per due anni avrebbero “tutelato” la famiglia Balli e per quale ragione queste persone si sarebbero prestate al gioco del Musotto.

    Quello che purtroppo appare invece chiaro è come talune vicende finiscano con lo screditare il fronte dell’antimafia. Nell’arringa finale, l’avvocato Mario Bellavista, difensore di Balli, ha chiesto la condanna di Musotto anche per “eliminarlo dal palcoscenico antimafia, utilizzato da alcuni come esclusiva fonte di business”.

    Chissà se nel corso della presentazione in Canada e negli USA del film trent’anni di mafia 2“Trent’anni di mafia” del regista Mario Musotto il pubblico verrà informato dell’accaduto…

    Sulla vicenda è intervenuto con un comunicato stampa Filippo Alessi, presidente dell’Associazione Campo di Note, produttore del film: “Campo di note, produttore del film ‘Trent’anni di mafia ad Agrigento’, apprende con rammarico la notizia della condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Palermo al regista Mario Musotto che ha collaborato alla realizzazione del documento in questione. Considerando che il film è ancora in fase di realizzazione e che il lavoro finora svolto è stato realizzato anche con il contributo di decine di tecnici, attori e professionisti del settore che hanno lavorato alacremente, con passione e sincera motivazione, la nostra società è intenzionata a continuare le riprese e ultimare il prodotto, avvelendosi di un altro regista che è in fase di individuazione, per consegnare il lavoro nei tempi e nei modi programmati, convinti del fatto di stare per realizzare un prodotto di grande interesse storico-documentale. La nostra società, ringrazia il regista Musotto per la preziosa collaborazione finora offerta, nella speranza che possa, nei gradi successivi del giudizio, dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati”.

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