Fra speculazione edilizia e infiltrazioni criminali
L’emblematica storia di una tranquilla cittadina della “Regione Verde d’Europa”
Città costiera dell’Abruzzo poco distante dal confine con il Molise, Vasto è considerata da sempre un luogo di frontiera. Una frontiera tra la Regione che si vanta di essere la “Regione Verde d’Europa”, ma che negli ultimi anni ha tentato di realizzare fortissimi tagli (sia economici che geografici) ad alcune delle proprie aree protette, le ha spesso messe nel mirino per interessi di lobby particolari e vanta il record negativo di un Parco Nazionale (nel cui perimetro rientra Vasto) che da 13 anni attende di essere realizzato, e infiltrazioni criminali.
Vasto non è una zona di guerra, come qualcuno disse anni fa con un paragone passato alla storia cittadina con considerazioni spesso non positive di cittadini e stampa locale, ma la guardia andrebbe tenuta la più alta possibile. E ci sono periodi in cui la cronaca ci consegna episodi di grave criminalità che ricordano più le guerre di camorra o di mafia che la tranquilla vita di provincia. Edilizia e spaccio di stupefacenti sono tra i settori in cui le organizzazioni criminali sono più presenti, soprattutto la camorra campana: anni fa furono sequestrati a Sandokan Schiavone terreni e immobili a Pizzoferrato, nell’Alto Vastese.
Vasto è una città che, soprattutto negli ultimi 15 anni, ha subito una esponenziale crescita edilizia.
Una crescita quasi sempre senza grandi freni e che non ha risparmiato nessuna area della città. È una crescita di cui si stanno cominciando a vedere le conseguenze negative: zone della città diventate fragilissime (come le colline sopra Vasto Marina), una viabilità sempre più problematica, una rete idrica non più adeguata e che necessita sempre più di interventi di manutenzione.
Su quest’ultimo punto gioca un ruolo decisivo la società di gestione del servizio idrico, accusata da cittadini, associazioni e movimenti di non effettuare gli investimenti dovuti su una rete idrica nella quale altissime sono le perdite.
Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica della Provincia di Chieti ha contestato per questo negli anni scorsi tale gestione, presentando anche un esposto in Procura e alla Corte dei Conti e un ricorso al TAR contro il Piano d’Ambito approvato nel 2009 che ha previsto aumenti delle tariffe fino al 2023, affermando che il Piano d’Ambito approvato nel 2003 prevedeva investimenti per 105.881.397 di euro mai effettuati, mentre errori di valutazione nelle previsioni del Piano avrebbero portato a 65.000.000 di euro in meno di ricavi.
Il ciclo del cemento e le mafie
Le mafie investono nel ciclo del cemento, tentando di farne la “lavatrice” dei propri fondi sporchi. Il caso vastese è citato addirittura in una pubblicazione a disposizione degli studenti dell’Università di Teramo.
Lì dove prima c’erano solo terreni spuntano come funghi case, palazzi, appartamenti. In una città dove sono oltre 3000 gli appartamenti invenduti si continua a costruire. E le organizzazioni criminali si insinuano. Per il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri “questo è uno dei segnali più forti della presenza della ‘ndrangheta”.
Il riciclo del denaro sporco
“Nella normalità infatti – dice Gratteri – gli imprenditori costruiscono un primo lotto, vendono gli appartamenti già sulla carta e solo dopo aver recuperato i soldi iniziano i lavori di costruzione di altri edifici. Quando avviene il contrario, e si costruisce pur avendo un grande invenduto, lì c’è l’infiltrazione della criminalità organizzata che ricicla il denaro sporco”.
Sono dichiarazioni rilasciate nel 2010 durante una visita in Abruzzo. Secondo un’inchiesta approfondita di un diffuso quotidiano regionale, le parole del procuratore Gratteri descrivevano perfettamente la situazione di Vasto.
Vasto è stata la città dove nel 2007 fu sgominata la prima ‘ndrina totalmente abruzzese. Un’organizzazione legata ad un esule di camorra, Michele Pasqualone, che stava prendendo piede con la violenza, tramite intimidazioni, traffico di droga, estorsioni, attentati incendiari.
L’inchiesta prese avvio dall’attentato ad un imprenditore locale, ma dopo gli arresti la situazione non si normalizzò. E l’anno successivo una nuova indagine, chiamata dagli inquirenti Histonium 2 (per sottolineare il legame con l’inchiesta – denominata Histonium – dell’anno precedente), documentò che la ‘ndrina non era stata totalmente sgominata e che dal carcere Pasqualone avrebbe continuato a guidarla.
Una pratica, quelle degli attentati incendiari e delle auto bruciate, quest’ultima in realtà mai del tutto cessata negli anni successivi. Molto è legato al vandalismo e alla microcriminalità, ma resistono ancora presenze criminali di alto livello.
E infatti nel gennaio 2012 l’operazione “Tramonto” della locale Procura ha sgominato tre organizzazioni facenti capo ad un esule di camorra, Lorenzo Cozzolino, residente nella vicina Gissi, grazie a indagini partite da alcuni incendi di auto.
L’operazione “Tramonto”
Nell’ambito dell’operazione “Tramonto” furono sequestrati ad alcuni degli arrestati beni per un valore ammontante a circa tre milioni di euro, tra cui tre immobili (due a Portici e uno a Roma) ed un terreno agricolo in provincia di Roma. E per la terza volta in pochi anni la Procura vastese ha disposto sequestri ai sensi del codice antimafia, dopo una pizzeria vicina al centro e una villa alla periferia nord di Vasto.
Nell’agosto 2011 l’inchiesta “Il Pescatore” sgominò un’altra rete criminale dedita al traffico di uno stupefacente nuovo per il territorio, il cobret (un residuo dell’eroina), e interamente composta da giovanissimi (nessuno degli arrestati era sopra i 30 anni, e solo 24 ne aveva l’arrestato considerato il perno dell’attività di spaccio). Due mesi dopo, una nuova inchiesta coinvolse tutta la costa teatina, da Martinsicuro a Vasto. E sempre a Vasto viveva la coppia al vertice dell’organizzazione criminale.
L’operazione “Adriatico”
L’ultima grande inchiesta è soltanto di poco tempo fa. Ma stilare l’elenco di tutte le inchieste, le indagini, gli arresti e le condanne (che, in alcuni casi, ci sono state) richiederebbe troppo spazio. Una su tutte merita però di essere citata, non soltanto per la sua immensa portata ma anche perché da sola rappresenta perfettamente la situazione. Un’inchiesta nata proprio dalla stessa operazione Tramonto, dopo la quale secondo notizie di stampa Lorenzo Cozzolino è diventato collaboratore di giustizia, permettendo di ricostruire fittissime trame che avvolgevano la costa teatina.
Il 6 febbraio di quest’anno, mentre il sole era ancora lontano dal riscaldare le strade cittadine, Vasto fu risvegliata da sirene spiegate e pale di elicottero volteggianti.
Si stava concludendo l’operazione Adriatico, probabilmente la più grande operazione antidroga e anticamorra finora avvenuta nella regione (o almeno in provincia di Chieti: solo L’Aquila del post terremoto dovrebbe aver visto numeri simili). Nelle ore successive, in una conferenza stampa alla quale partecipò il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, furono forniti i dettagli di un’operazione molto ampia che coinvolgeva varie zone del centro sud nelle province di Napoli, Salerno, Foggia, Latina e Ascoli Piceno.
La rete criminale gestiva con modalità violente, intimidazioni, attentati, avendone preso con la violenza il pieno possesso, le piazze dello spaccio in tutta la costa teatina da Vasto fino a Francavilla.
“Numerose intimidazioni e incendi”
Nel periodo compreso tra il 2003 e il 2008, l’organizzazione (della quale sarebbero stati protagonisti secondo gli inquirenti anche personaggi riconducibili ai clan camorristici Vollaro e Di Lauro), “si rendeva responsabile, quale esecutore o mandante, di numerosi atti di intimidazione, tentati omicidi e incendi di autovetture e beni immobili; tali atti violenti sono stati anche rivolti ad alcuni appartenenti alle forze dell’ordine e loro familiari”.
Integratasi nel territorio, sarebbe riuscita “anche a superare le resistenze di alcuni rom stanziali dediti autonomamente allo spaccio di droga detenendone prima del suo arrivo la gestione del mercato. Il gruppo, così strutturato, è riuscito a costringerli ad acquistare il narcotico dalla propria organizzazione e sottoporli alla propria egemonia”.
Sparatorie in luoghi pubblici
La Procura distrettuale antimafia ha documentato le modalità operative della rete criminale, che poteva contare sulla disponibilità di armi da fuoco, a volte utilizzate anche con “estrema disinvoltura” in luoghi pubblici, su diversi canali (sia nazionali che esteri) per l’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti e i contatti con referenti calabresi e noti trafficanti di cocaina operanti in Olanda e Germania, e sulle modalità mafiose di affermazione sul territorio attraverso il sistematico ricorso alla violenza, ad attentati dinamitardi, a conflitti a fuoco, a pestaggi e ad altre gravi forme di intimidazione, perpetrate sia all’interno del sodalizio per consolidare le gerarchie interne, sia all’esterno per estendere la propria supremazia sul territorio.
Un clan affiliato ai Casalesi
Negli stessi giorni dell’operazione “Tramonto”, un’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) su un clan affiliato ai Casalesi ha lambito Vasto. Il collegio per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale campano ordinò il sequestro di appartamenti, auto, moto, rapporti bancari e sette società di capitali, per un totale di 35 milioni di euro. Un provvedimento del gip di Napoli, che fa riferimento ad indagini condotte dalla Dda su accusati di essere affiliati al clan Schiavone, portò a provvedimenti cautelari per 20 persone e a vari sequestri, compreso (secondo notizie fornite dalla stampa) un complesso edilizio di Vasto Marina.
L’inchiesta “Mattone selvaggio”
Tantissimi sono stati i sequestri di immobili negli ultimi anni. Nel solo 2011 furono 14, che si aggiunsero ad ulteriori 20 precedenti, “alcuni dei quali relativi a imponenti costruzioni o a lottizzazioni abusive” , come dichiara la Procura di Vasto nel Bilancio Sociale 2011. L’inchiesta “Mattone selvaggio”, il cui avvio è datato 2006, sei anni dopo, nell’Aprile 2012, ha portato ancora al sequestro di ulteriori 47 alloggi in una zona dove secondo gli inquirenti non era possibile costruire.