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Testimoni di giustizia Proposte di tutela

Nadia Furnari in audi­zione presso la com­missione antimafia

Il 13 giugno Nadia Furnari, del diret­tivo nazionale della nostra associazione, è stata ascoltata dal V comitato della commissione nazionale antimafia, sul tema dei Testimoni di Giustizia.

Durante l’audizione sono stati affrontati alcuni punti da sempre oggetto di riflessio­ne da parte dell’associazione antimafie “Rita Atria” come: Tutor, situazioni Situa­zioni Borderline, coinvolgimento consape­vole nelle fasi della protezione, località se­greta, lavoro e necessità di rivedere non solo la legge 45 del 2001 ma soprattutto regolamenti, strmenti e personale addetto alla protezione. Il primo dossier sui Testi­moni di giustizia fu scritto proprio da Na­dia Furnari nel 1997.

Di seguito si riportano le proposte che l’associazione fece al sottosegretario De Stefano nel febbraio 2013 in seguito ad un incontro presso il Viminale.

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Documento inviato il 18 febbraio 2013 al Dott. De Stefano i qualità di Sottosegre­tario del Ministero degli Interni con delega ai Testimoni di Giustizia

La legge 45/2001, benché molto più completa della norma precedente, non ha analizzato né risolto alcuni gravi problemi che hanno afflitto gran parte dei testimoni, senza peraltro trovare completa ed efficace applicazione nemmeno per le problemati­che riconosciute nella sua stesura.

L’Associazione precisa che non rappre­senta i Testimoni di Giustizia, né è stata delegata a farlo ma, come da statuto, è im­pegnata in tutti i casi in cui i cittadini ita­liani mostrano di condividere gli ideali an­timafia, anticorruzione e di contrasto al malaffare in genere.

Questi cittadini hanno sempre trovato condivisione e sostegno nell’Associazione tanto che alcuni vi han­no aderito, non essendo ciò discriminato­rio nei confronti di chi non ha inteso farlo, e che potrà contare comunque in un pronto sostegno per ottenere il rispetto dei diritti e della propria dignità.

L’Associazione non prospetta soluzioni premiali per i te­stimoni, per aver tenuto un comportamen­to che dovrebbe essere con­siderato un nor­male atto di dovere civico. Al contrario, non è moralmente accettabile far ricadere le gravi conseguenze di un si­mile atto esclusivamente su chi l’ha com­piuto e sul­la sua famiglia.

Un atto di sostegno che andrebbe attuato immediatamente è un tutoraggio psicolo­gico fin dall‘inizio della collaborazione con gli inquirenti. Infatti, è difficile trova­re un testimone o un nucleo familiare di testimoni che non abbiano avuto bisogno di supporto psicologico che si rivela tanto più efficace quanto più è tempestivo: pro­babilmente andrebbe attuato prima ancora dell’avvio del programma speciale di pro­tezione che solitamente viene preceduto da misure provvisorie di protezione.

Raccogliendo l’invito a produrre un documento più articolato a so­stegno di quanto sinteticamente illustrato nel corso dell’incontro del 4 febbraio scor­so tra i rappresentanti dell’Associazione Antimafie “Rita Atria” ed il Sottosegreta­rio al Ministero dell’Interno, Dott. Carlo De Stefano, si prospettano le necessarie integrazioni al testo della L.13 febbraio 2001 n.45 per un più efficace intervento a sostegno dei “testimoni di giustizia”.

Art. 16-ter – integrazioni ai commi esi­stenti:

Alla fine del comma 1 lettera a , si do­vrebbe aggiungere: se, pur in presenza di attestazioni di non cessato pericolo nel ter­ritorio di provenienza, si dovesse procede­re alla revoca delle misure speciali, su ri­chiesta dell’interessato dovrà essere con­vocata una audizione da parte della Com­missione Centrale per la verifica dei fatti, finalizzata al ripristino delle misure revocate e/o al risarcimento dei danni eventualmente subiti.

Le associazioni antimafia

All’audizione potrà essere presente un legale e/o un rappresentante di un’Asso­ciazione Antimafia /Antiracket, se richie­sto dall’interessato.

Nota: se il pericolo fosse immutato nel territorio di origine, non potrà essere valu­tata come misura di protezione sufficiente la condizione di vivere lontano dal luogo dove è più concreto il pericolo, legittiman­do così una situazione di perenne esilio con conseguenze morali e materiali non contrastabili.

Alla fine del comma 1 lettera d , si do­vrebbe aggiungere: al momento della ri­presa in servizio, si procederà al recupero delle progressioni economiche e/o di car­riera eventualmente perdute nel periodo di aspettativa retribuita.

Al comma 2 si dovrebbe aggiungere: le misure saranno mantenute inoltre, fino alla completa guarigione da malattie o disfun­zioni, fisiche o psichiatriche, determinate da fattori dipendenti dalle conseguenze della testimonianza, per causa o per con­causa predominante, da accertare da appo­sito collegio medico.

In alternativa alla guarigione, dovrà es­sere riconosciuto un equo risarcimento e/o un trattamento

pensionistico privilegiato a carico dell’Istituto previdenziale di pertinenza, in analogia al trattamento garantito agli ap­partenenti alle Forze Armate e ai Corpi di Polizia.

Art. 16-ter: al comma 1 lettera d , occor­re specificare che “Il tenore di vita perso­nale familiare esistente prima del pro­gramma” , deve intendersi comprovato e relativo a redditi di natura lecita.

Nota : Questa precisazione è resa neces­saria dall’esigenza di evitare ogni possibi­lità di confusione tra la figura del “Testi­mone di Giustizia” e quella del “Collabo­ratore di giustizia” che , spesso , è un sog­getto borderline (testimoni provenienti da ambienti dai quali desidera dissociarsi ma il cui tenore di vita è stabilito da introiti criminali e quindi non può essere oggetto di stima.

In tal modo si può limitare il rischio che, quello del testimone, possa trasformarsi da, atto di civile abnegazione (quando è sincero) in “opportunità” di illecito arric­chimento a danno dello Stato e della Giu­stizia (quando è frutto di calcolo).

Un punto di riferimento e sostegno

All’art. 16-ter dovrebbero essere ag­giunti i seguenti commi:

Comma 4 – Il Tutor

Sin dall’inizio della collaborazione con il magistrato, il testimone di giustizia do­vrà essere affiancato da un Tutor per ga­rantire un punto di riferimento a sostegno. Il tutor dovrà interfacciarsi con le istitu­zioni al fine di garantire prevalentemente un sostegno psicologico e quindi intercet­tare/impedire/limitare l’insorgenza di pro­blemi che possono condurre a malattie psi­chiatriche o a gesti eclatanti come il suici­dio o il ritorno nella terra di origine.

Il Testimone deve sentirsi parte delle scelte che vengono prese sulla sua vita. Oggi, il Testimone appare spesso conside­rato come una specie di “minus habens”, escluso dalla determinazione e definizione del proprio percorso e progetto di prote­zione, come se si trattasse di una specializ­zazione riservata agli “eletti”, e dunque senza aver assolutamente mediato in que­sto specifico campo quantomeno quella cultura del “consenso informato” che or­mai in medicina e salute è un dato privo di spazi di mediazione. Il Tutor dovrà essere una vera e propria “Guida” capace di me­diare e capace di aiutare il Testimone nella difficile impresa di equilibrio tra esigenze di sicurezza e qualità della vita.

Comma 5 – Contribuzione Previdenziale

I testimoni di giustizia beneficeranno di contribuzione previdenziale dall’inizio della collaborazione alla definitiva cessazione delle speciali misure di sicurez­za.

La contribuzione sarà di prima iscrizio­ne per i testimoni sprovvisti di precedenti versamenti contributivi mentre, sarà effet­tuata, senza soluzione di continuità, per quanti già iscritti ad Istituto previden­ziale.

Comma 6 – reinserimento lavorativo

Ai testimoni di giustizia si riconosce uno status paragonabile a quello posseduto dagli appartenenti alle “categorie protette” per facilitare il reinserimento lavorativo, oltre a un titolo valutabile con punteggio aggiuntivo a quello dei titoli già posseduti, nella partecipazione a pubblici concorsi.

Per quelli che non hanno perduto il la­voro, come i dipendenti pubblici, occorre far recuperare il tempo perduto ai fini del­la carriera e della progressione economica.

Non appare equo pretendere per i testi­moni un posto di lavoro pubblico per il solo motivo di essere testimoni. Tuttavia, non si deve escludere un riconoscimento per il loro civile gesto che li ha costretti lontano dalla propria terra e dalle loro atti­vità. Potrebbero essere considerati catego­ria protetta con il diritto ad un punteggio spendibile nella partecipazione a concorsi pubblici selettivi.

Nota finale : Poiché la Legge 45/2001 non esclude dai benefici chi aveva reso utile testimonianza prima della sua entrata in vigore ma, nemmeno lo include, occor­re introdurre una disposizione finale che chiaramente includa tra i beneficiari an­che coloro i quali avevano reso testimo­nianza prima della sua entrata in vigore: il servigio reso da tali cittadini è ancora più meritevole di apprezzamento perché attuato senza alcuna aspettativa di rico­noscimenti né di speciali ed apposite mi­sure di sicurezza.

La figura del Testimone di giustizia

Desideriamo sottolineare che non è af­fatto facile generalizzare e standardizzare la figura del Testimone di giustizia in quanto, ad oggi, i soggetti interessati al programma possono provenire sia da Te­stimonianza oculare disinteressata (molto pochi) che da famiglie mafiose dalle quali ci si dissocia (caso identificabile con le mogli, figli, etc…) soprattutto dopo essere colpiti direttamente. Altri casi che trovano difficile equiparazione sono gli imprendi­tori/commercianti che denunciano gli estortori e che spesso decidono di rimane­re nella propria terra.

Questo nostro documento vuole essere un piccolo contri­buto di integrazione alla legge esistente e desidera sollevare un ampio dibattito alla luce delle esperienze fin qui acquisite.

Un appello

BASTA IMPUNITA’ PER CHI DEPISTA

www.liberainformazione.org

I depistaggi sono stati lo strumento utilizza­to dai responsabili materiali e morali delle vi­cende stragiste e di terrorismo del nostro Paese per rallentare, se non bloccare, le in­chieste e per impedire l’accertamento di fatti delittuosi gravissimi sulle stragi che da piazza Fontana al 1993 hanno insanguinato l’Italia. Un capitolo ancora non completamente scrit­to, fatto di omissioni, bugie, distruzioni di do­cumenti, emersi giudiziariamente, compiuti da pubblici ufficiali inseriti negli apparati dello Stato. L’introduzione di un reato specifico che sanzioni penalmente il comportamento omis­sivo e occultante diviene improcrastinabile. L’attuale ordinamento si è limitato a prevede­re, per casi simili, solo i reati di falsa testimo­nianza, calunnia, omissione o soppressione di atti d’ufficio, senza evidenziare le conse­guenze che tali condotte hanno sul piano pe­nale e della verità.

Un’impunità non più tollerabile per le con­seguenze che quelle condotte hanno causa­to, e potranno causare, a danno della società e della giustizia. Per questo chiediamo al pre­sidente del Consiglio Matteo Renzi, e ai pre­sidenti di Camera e Senato, Pietro Grasso e Laura Boldrini, di calendarizzare e votare la proposta di legge n. 559, presentata dall’on. Paolo Bolognesi – all’esame della Commis­sione Giustizia – che introduce, dopo l’art. 372 del codice penale, il reato di depistaggio per i pubblici ufficiali che occultano la verità all’autorità giudiziaria – totalmente o parzial­mente – non solo per i fatti di terrorismo e strage, ma anche per vicende legate all’asso­ciazione mafiosa, traffico di droga, traffico il­legale di armi e di materiale nucleare, chimi­co o biologico. Pena la sanzione della reclu­sione da sei a dieci anni.

E’ un appello che intendiamo promuovere in tutte le sedi istituzionali, coinvolgendo an­che la società civile, perché non possiamo accettare che il nostro Paese continui a rega­lare ai depistatori in divisa l’immunità penale e morale dalla verità e dalla giustizia.

Primi firmatari: Giovanni Bachelet, Benedetta To­bagi, Manlio Milani, Giovanna Maggiani Chelli, Mad­dalena Rostagno, Sabina Rossa, Silvia Piera Cala­mandrei, Luigi Ciotti, Giuseppe De Lutiis, Ser­gio Flamigni, Ilaria Moroni, Cinzia Venturoli, Antonio Iosa, Giuseppe Amari, Anna Vinci, Filippo Vendem­miati, Donata Zanotti, Antonella Beccaria, Riccardo Lenzi, Mattia Fontanella, Isabella Filippi, Monica Be­nati, Susanna Pederzoli, Massimiliano Martines, Daria Bonfietti, Stefania Pellegrini, Lorenzo Frigerio, Elisabetta Roveri, Emilia Lotti, Claudio Torrisi, Sara Donini, Stefano Cuppi, Letizia Cortini, Romano Ali­dori, Umberto Santino.

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