L’APERITIVO CHE FA… NOTIZIA
Arte, musica e cibo all’aperitivo di autofinanziamento organizzato dall’Associazione Rete Radiè Resch – Gruppo di Torino & Dintorni.
Arte, musica e cibo in cambio di solidarietà. Questo lo scambio da vedere, ascoltare e gustare che ha animato il quadrilatero romano martedì 10 giugno a Torino.
L’aPERicena organizzato dall’Associazione Rete Radiè Resch – Gruppo di Torino & Dintorni presso il Tac Temporary Art Cafè ha visto la partecipazione di un centinaio di persone, con l’obiettivo di sostenere l’attività di avviamento al giornalismo intrapresa da un gruppo di giovani dai 17 ai 25 anni.
“Abbiamo creato una connessione con le generazioni giovani e spero che questo possa portare a scambi arricchenti” afferma Michela della Rete, animatrice del Laboratorio di avvicinamento al giornalismo dal titolo “Raccontare la vita… oltre la mafie”, che l’evento intendeva finanziare.
Un laboratorio sulle orme di Pippo Fava – in una sorta di gemellaggio nord-sud – che ha visto la partecipazione di un giornalista e un fotoreporter siciliani che avevano lavorato a stretto contatto con il direttore de I Siciliani (Riccardo Oriolese Giovani Caruso) e di due penne piemontesi vicine al mondo dell’associazionismo (Vito d’Ambrosio e Piercarlo Gattolin).
“Mi piacerebbe fare un giornale online che parli di mafia ma non solo, anche di cultura, cinema, storia locale e cultura del territorio” dice Andrea, uno dei partecipanti al Laboratorio.
Se questo giornale diventerà realtà sarà dunque anche grazie all’aPERicena.
Chi entrava da via Sant’Agostino 24, proprio di fronte al mitico locale torinese Pastis, si imbatteva in una provocatoria installazione di arte concettuale: pagnotte appese al muro trafitte da bossoli e sporcate di sangue. I versi di commento all’opera di Marisa Porello ne colgono il senso profondo: “Con tagli di pugnali e di coltello con uno sparo di lupara o rivoltella la mafia ci scava il nostro pane dalla bocca. È violenta questa opera della Bojta dj’ schinà, perché la mafia è uno sparo nel corpo vivo della comunità”.
L’autore dell’opera Lorenzo Merloha alcune idee precise: “Siamo un gruppo di artisti autodidatti e anarchici, non nel senso che ognuno fa quello che vuole, ma nel senso che ognuno, conoscendo se stesso, si impone delle regole per condividere uno spazio con altri…”. Racconta del magazzino che hanno riassettato a Dogliani e del nome che hanno dato al Laboratorio: la Bojta dj’ schinà, che significa letteralmente “Laboratorio dei rifiutati e/o rifiutandi”, e che riprende il cosiddetto “Salone dei rifiutati” organizzato a Parigi nel1863 in cui vennero raccolte tutte le opere rifiutate dall’Accademia delle Belle Arti.
Chi entrava invece all’Art Temporary Cafè da Piazza Emanuele Filiberto, una delle più francesi della città, frequentata ogni giorno da scrittori, artisti, musicisti, poteva ammirare i bellissimi interni in legno di fine ‘800 e il cibo autoprodotto dagli organizzatori. “Quale catering ha preparato l’aperitivo?!” chiede un partecipante, facendo un involontario complimento ai volontari dell’associazione che hanno preparato tutto a casa propria e a proprie spese.
Infine la musica dei Prisma nel terzo ambiente del Cafè, dove potevi arrivare solo passando prima dal bancone del bere e del cibo o dal “salone” dei pani “rifiutati” …: messi in mezzo, quasi a voler collegare e mescolare tutti gli ingredienti della serata con i morbidi toni della loro musica cantautorale. Nelle parole di uno dei musicisti uno dei segreti del successo della serata: “il nostro obiettivo è trasmettere attraverso la musica quelle sensazioni, quelle emozioni che rinunciamo a vivere nella nostra quotidianità perché troppo abituati ai canoni standardizzati della società di oggi, che non permette più di ragionare, di pensare o di provare sentimenti veri e non convenzionali”.
Cibo, musica e arte, dunque, per una un’informazione capace anche di “denunciare il bello” (come ha affermato Marco durante il laboratorio). E di vederlo e gustarlo e sentirlo, come hanno fatto un centinaio di persone in una bella serata di giugno al quadrilatero romano.