Sindaco contro omertà fra solitudine e bombe
Non si tratta della rivolta di Pratobello, ma servirebbe lo stesso spirito. Gente unita, che lotta per qualcosa e contro qualcos’altro. Allora era Orgosolo, oggi è Burgos
Allora era lo Stato che voleva imporre con la forza le sue “ragioni”, oggi sono prepotenti meno importanti e senza alcuna ragione. Eppure quella battaglia, la battaglia contro la militarizzazione fu vinta. Si trattava allora di difendere la destinazione d’uso di beni pubblici come le terre da pascolo, oggi è in ballo la vita democratica delle nostre comunità. Schierarsi da una parte, è necessario. Era un bene pubblico allora, Pratobello. Tutti si sono schierati in modo univoco e inequivocabile. È un bene pubblico la tutela della democrazia, ma in troppo pochi si sono schierati. 43 anni fa uno Stato alzò bandiera bianca: servirebbe molto meno per ottenere lo stesso risultato e vivere meglio oggi. Allora tutti si sentirono toccati. Oggi questo non accade, nonostante le informazioni e i mezzi a disposizione siano di gran lunga superiori. Che aspettiamo? La vita democratica è minata dal problema degli attentati, che in Sardegna sta assumendo frequenze sempre più allarmanti, specie negli ultimi 6 anni. Atti intimidatori contro e tra privati, ma anche, e soprattutto contro amministratori pubblici locali, da parte di soggetti che mettono prima di tutto i propri interessi davanti a quelli collettivi e cercano a tutti i costi di avere la meglio. I mezzi utilizzati vanno dalle fucilate contro i portoni delle case, agli atti vandalici contro le vittime o contro i beni pubblici, passando per gli ordigni esplosivi. Come quello che nel 2004 ha portato via il signor Bonifacio Tilocca, padre dell’allora sindaco di Burgos, un paesino della provincia di Sassari di circa mille abitanti, Pino Tilocca. Entrato in carica dopo aver vinto le elezioni del 2000, Pino Tilocca durante il suo mandato aveva cercato di porre ordine al sistema della gestione dei beni pubblici. Un azzardo forse, per coloro i quali ne avrebbero fatto uso a loro piacimento. Così il sindaco è finito sotto tiro, inizialmente con degli atti vandalici contro le sue proprietà. Proprio il padre aveva iniziato una sorta di indagine personale per cercare di individuarne i responsabili, finendo col divenire perciò, come il figlio, un possibile bersaglio per quelle stesse persone che ce l’avevano con Pino. Da possibile a reale bersaglio lo è divenuto una sera del febbraio di quell’anno. Pino Tilocca, nonostante lo choc, è rimasto in carica per tutta la durata del mandato. Poi, accompagnato da troppo silenzio da parte dei suoi concittadini e non solo, ha deciso di non candidarsi più e di abbandonare Burgos. Ora è tornato a fare a tempo pieno il suo mestiere, l’insegnante di scuola elementare. Riparte dai giovani, da quelli che hanno dei sogni e delle speranze. E dalle parole dell’ex primo cittadino.
Che connotati assumono gli attentati agli amministratori in Sardegna? Sono di tipo mafioso o in stile mafioso?
Non sono di tipo mafioso sicuramente. Sono una recrudescenza della criminalità sarda. Certamente invece nelle modalità di espressione presentano alcuni tratti riconducibili a uno stile di quel tipo: l’utilizzo di esplosivo ad esempio appartiene a una criminalità ben definita, come pure gli scopi che questo tipo di atti intimidatori si prefiggono. Causare terrore, apprensione a chi si vuole colpire ha qualche cosa di mafioso.
C’è una presenza mafiosa in Sardegna?
Questo no di certo. O meglio, la criminalità sarda non ha avuto quel tipo di evoluzione. La criminalità sarda è, come le altre realtà criminali, legata all’ambiente sociale ed economico. Dunque è il derivato peggiore dell’ambiente che storicamente contraddistingue l’isola, ossia il mondo agropastorale. Questo tipo di criminalità è presente dunque soprattutto nelle aree più interne: è il risultato di una reazione negativa al mondo esterno, è la riproposizione del Codice Barbaricino in chiave moderna che però non risponde più alle logiche sociali su cui si fondava. Non solo è fuori dal contesto attuale, ma pure gli obiettivi non sono più quelli del passato, perché mentre prima il Codice era un dispositivo che tutelava anche il bene della collettività, adesso è adoperato per perseguire interessi ed egoismi privati. Certi comportamenti inoltre non solo vengono posti in essere per regolare questioni tra privati (e già questo è discutibile visto che gli strumenti di tutela dei prorpi diritti lo stato li mette a disposizione), ma per commettere dei veri e propri soprusi verso la parte avversa o per rivendicare dei “diritti” verso la pubblica amministrazione. Diritti che tali non sono, ma che alcuni ritengono addirittura esistenti e pure acquisiti. Io stesso nella mia esperienza di sindaco mi sono dovuto imbattere in quest’ultimo tipo di faccende e sono stato colpito proprio perché cercavo di difendere il pubblico interesse, quello per cui ero stato eletto. Ben diverso è il discorso concernente la possibilità o meno che ci siano delle infiltrazioni o dei tentativi di infiltrazione di organizzazioni criminali esterne all’isola, le quali sono provate da diverse operazioni delle forze dell’ordine. Ci sono dei segnali che indicano come organizzazioni criminali nazionali ed internazionali, in cerca di sfoghi per il riciclaggio dei loro capitali, derivanti da proventi illeciti, stiano provando a riversare su alcuni settori che si prospettano redditizi anche da noi. Un esempio su tutti è il comparto turistico e la connessa speculazione edilizia costiera.
A proposito dell’Operazione Tuono allora cosa si potrebbe dire?
Anche in quel caso io non parlerei di un’associazione criminale sarda mafiosa. Piuttosto la configurerei come la massima espressione che la criminalità sarda (pastorale) abbia mai potuto raggiungere: un’organizzazione, quella bariese, che aveva raggiunto un certo livello, soprattutto perché aveva ormai una pianta stabile e degli obiettivi precisi anche di lungo periodo. E pur avendo avuto un buon controllo del territorio (ma tutte le associazioni malavitose ce l’hanno), avesse armi a disposizione e abbia posto in essere alcuni omicidi, compiuto molte azioni intimidatorie e commesso altri delitti, non poteva essere tuttavia definita un’entità mafiosa. Essa infatti, pur provandoci, non è riuscita ad avere degli agganci politici che le permettessero di fare il salto. Inoltre anche i legami interni all’organizzazione ogliastrina si basavano più sullo scambio di favori che sulla gerarchia di un’organizzazione mafiosa vera e propria: criminalità tipica sarda insomma. Su una cosa però non ho dubbi: che l’aver comunque comminato il 416 bis sia stato giusto. E’ una sorta di atto preventivo che permetterà in fututro di riconoscere “l’impronta” dei sodalizi criminali in anticipo e bloccarli sul nascere, siano sardi o d’importazione.
Veniamo sulla questione che la riguarda da più vicino, Burgos…
Va bene, ma premetto che Burgos non fa più parte della mia vita ormai. Niente mi lega a quella comunità ormai, solo qualche affetto, le parentele e poco altro. Ecco, purtroppo a Burgos non è successo quel che mi aspettavo, come sindaco eletto dai cittadini di quel luogo: ovvero una reazione netta riguardo a ciò che ho subito, una presa di distanza dai colpevoli, quattro o cinque persone, che si sono macchiati dei vari delitti contro la mia persona e i miei familiari, l’uccisione di mio padre su tutti ovviamente. Ma il comportamento assunto dai burghesi è stato abbastanza omertoso e visto come una questione privata tra me e questi personaggi: dal loro punto di vista era una questione che non li riguardava, benché la vittima fosse il sindaco che li rappresentava. Io non mi sono dimesso comunque, ho portato avanti il mio incarico fino alla scadenza. Non potevano essere quelle poche persone a far sì che ritirassi il mio impegno. Qualche altro mio collega invece, e penso al sindaco di Ottana, di fronte ai familiari in pericolo ha preferito rassegnare le dimissioni. Purtroppo non se l’è sentita di andare avanti e il suo atto è da comprendere: forse anche io, se avessi saputo quel che sarebbe successo a mio padre avrei lasciato l’incarico. Ma anche lì un simile gesto non dovrebbe partire dal sindaco: sono i cittadini che devono dire se vogliono o no che una determinata persona continui o meno a rappresentarli, spingendo perché quella resti al suo posto e a chi la offende venga trasmesso un messaggio chiaro, quanto forte.
Qual è la situazione oggi nel paese?
Possiamo dire che Burgos al momento sta vivendo un periodo di normalizzazione, se così si può dire. Sicuramente i fatti di che mi hanno coinvolto sono stati l’apice della violenza latente all’interno della comunità e forse anche dell’intera regione. Dopo anni che il municipio subiva l’alternarsi di Commissari prefettizi questa che è in carica rappresenta la terza amministrazione consecutiva compresa la mia e penso che completerà anch’essa il mandato. Questo rappresenta sicuramente un fatto positivo. Quel che mi rattrista invece è l’atteggiamento della popolazione verso un certo tipo di mentalità che ho descritto poco fa, tant’è vero che gli autori dei delitti di cui sopra sono a piede libero e penso che lo resteranno, visto che anche le indagini sono a un punto morto.
Rifarebbe l’amministratore?
Direi di no. Mi occupo di formazione nella mia vita e francamente mi entusiasma di più fare il preside che il sindaco.
Tornando indietro invece, rifarebbe le stesse scelte?
Sì, rifarei tutto allo stesso modo, anche perché ero e resto convinto di aver agito nel giusto e nell’interesse collettivo. Ripeto: senza sapere quel che mi sarebbe successo, avrei fatto tutto uguale o mi sarei dimesso prima.