La notte in cui qui la mafia ha perso
A Trapani, da questa notte, è cambiato veramente qualcosa
Non ci sono sentenze che pongono interrogativi, perché le sentenze accertano fatti. Quella per il delitto Rostagno non sfugge a questa regola. Chi usa, o pensa di usare questa sentenza per riproporre soliti noti interrogativi deve essere guardato come qualcuno che non vuole la verità e non vuole, come la mafia non voleva, la verità sul perchè Rostagno è stato ucciso.
Per ragioni che possono essere solo poco nobili! E ciò è perfettamente coerente con la la strategia mafiosa attuata da sempre a Trapani, e non solo lì: ottenere per anni il totale disconoscimento dell’ esistenza di una mafia forte e potente nella propria provincia. A Cosa nostra questa cosa è riuscita benissimo, anche perchè spesso chi doveva stare dalla parte dello Stato ha preferito stare dall’altra parte.
La Corte di Assise di Trapani ha inflitto due ergastoli a Vincenzo Virga e Vito Mazzara. Ha trasmesso atti alla Dda contro dieci testi per presunte false testimo- nianze. Che sembrano, soprattutto alcune, finalizzate – per complicità, ignavia, disattenzioni- a portare il processo lontano dalle responsabilità di Cosa nostra.
Le indagini spiegheranno meglio cosa è accaduto, ma l’alveo è quello delle complicità dirette o indirette con Cosa nostra. Chi pensava poi che la perizia balistica fosse debole si è sbagliato tanto che la Corte ha deciso di mandare anche questa alla Dda di Palermo, per riaprire il caso di un delitto trapanese dimenticato, quello di Gaetano Pizzardi, un picciotto che andava a rubare sfuggendo alle regole dell’onorata società. Per i giudici c’è anche lì la firma di Vito Mazzara, il killer che andava ad ammazzare assieme a Matteo Messina Denaro. Una Corte attenta, quella guidata dal giudice Pellino, che ha condotto una impeccabile istruttoria dibattimentale. Paradossalmente vien da dire che il trascorrere degli anni dal delitto senza un processo è stata cosa utile: ieri non esisteva quella perizia del Dna che oggi ha incastrato Mazzara.
L’ispettore Ferlito
Una sentenza che si è avuta dunque grazie ai giudici Pellino e Corso, ai giudici popolari, a quell’ispettore di polizia, Nanai Ferlito, che si accorse come in tanti anni mai era stata fatta una comparazione balistica, facendo trovare le sovrapposizioni tra il delitto di Mauro Rostagno e altri delitti per i quali Vito Mazzara ed anche Vincenzo Virga erano stati condannati, per la Squadra Mobile di ieri e di oggi, affidata a Linares e Leuci.
Il lavoro dei pm Paci e Del Bene non si è interrotto. E continuerà con la fantastica sinergia che si è creata con le parti civili durante il processo. Avvocati mai silenziosi, Miceli, Lanfranca, Greco, Crescimanno, Esposito. Si continua sull’inchiesta-stralcio: mafia, e non solo mafia di coppole e lupare. Rostagno ucciso per volere dei mafiosi che lo vedevano come una camurria, e per volere dei mafiosi dai colletti bianchi.
Questa sentenza scriverà nelle motivazioni una pagina di storia sulla mafia trapanese e sui suoi intrecci, che purtroppo non sono ancora dissolti ma resistono. Una mafia trapanese che non è mai stata una mafia di periferia.
Qui trovano fondamento le basi dell’interminabile trattativa con lo Stato, a cominciare dalla morte nel 1950 del bandito Giuliano; qui nel 1994 Matteo Messina Denaro diede ordine di votare Forza Italia, interrompendo il progetto di Bagarella che voleva fondare un partito della mafia, Sicilia Libera; qui la mafia si è arricchita, è diventata impresa, ha riempito casseforti, si è messa in mano tantissimi fondi pubblici, ha garantito se stessa e politici che già corruttibili lo erano di loro e che hanno scelto di diventare collusi.
Rostagno non è stato ucciso perchè voleva fare del giornalismo investigativo, ma perchè voleva raccontare, voleva raccontarci ogni giorno tutto quello che apprendeva, e le sue parole raccontano ancora oggi, i suoi editoriali potrebbero essere rimandati in onda adesso, restano attuali. Oggi la mafia è sommersa, non spara più, ma uccide ugualmente: soffocando imprese e mercato libero, discreditando e mascariando. Non è segno di una mafia debole: non ha più bisogno di uccidere per togliere di mezzo gli avversari.
La morte di Rostagno è e resterà un forte segnale nel mondo dell’informazione, dove tanti hanno il bavaglio senza nemmeno bisogno della cosidetta legge bavaglio. Ci sono giornalisti che il bavaglio se lo sono fatti mettere, altri che se lo sono messi da soli. Fanno finta di parlare ma non dicono nulla. Nulla di davvero pericoloso per le mafie.
E’ ora di cambiare le cose in questa Sicilia, dove la rivoluzione annunciata non ha fatto davvero nulla di concreto per l’antimafia. Antimafia che invece, come quella coraggiosa di Libera, ogni giorno viene messa in discussione. Non sfugge e non può sfuggire che da quando Libera ha scelto di essere presente come parte civile in processi importanti, come quello per il delitto Rostagno, quello contro il senatore D’Alì o in quello in corso sulla cosidetta trattativa, sono spuntati degli incredibili detrattori. Finora la mafia era riuscita a non perdere, ma da adesso a perdere ha cominciato.