venerdì, Novembre 22, 2024
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“Ve lo dico in ginocchio, convertitevi”

Due o tre settimane fa ho scritto una preghiera a cui in modo precario, ho dato il nome di
preghiera di “Pentecoste contro la mafia”. Da credente,la speranza era che dentro le comunità
ecclesiali ci si fermasse a riflettere sui nodi mafiosi nel territorio dove il popolo di Dio vive la propria esperienza di chiesa. Un segnale di attenzione per Nino Di Matteo, perché un paese civile non dovrebbe lasciarlo solo. E nessuna comunità cristiana dovrebbe rimanere in silenzio. Solidarietà, parola, e preghiera.

Tra lavoro, tra la casa che ha versato in un situazione di disordine, tra le adozioni dei nuovi
canuzzi,sapevo che potevo scriverla entro un dato periodo di tempo. Poi non avrei più potuto
perché i tempi della distribuzione al lavoro mi avrebbero stritolato.
Fatta una prima, una seconda, una terza stesura l’avevo fatta leggere ai compagni. Tra silenzi
e critiche, il giudizio era stato che avevo usato un linguaggio che non aiutava il senso di Liberazione
di singoli, e comunità. Ma sopratutto non affrontavo il nodo rimasto tra la vita di Giovanni
Paolo e il soffocamento della Teologia della Liberazione in America Latina. Allo stesso modo non trovavo parole per spiegare come la Chiesa nel nostro paese non avesse trovato nelle prassi
delle comunità di base ( analisi- denuncia- annuncio del Vangelo )quello strumento per porre
in atto le parole del papa ad Agrigento.

Al confine del confronto, i dieci giorni di distribuzione in agenzia avevano omicidiato il tentativo.
La quarta stesura non era stata fatta e una stesura sintetica editata da Salvo Ognibene era
rimasta anche essa tra i file non pubblicati .
Raffaella Maria Carrara ha editato questa versione.
Forse può servire per pregare, per riflettere, per pensare ad azioni evangeliche. Così lascio
fare al vento, e alla lettura di chi vuole. Questo che segue è il testo della preghiera, così come
si è fermato nella elaborazione mia.

 

Dopo le parole di Papa Francesco sulla conversione dei mafiosi all’Evangelo, anche noi, popolo di Dio, siamo chiamati dalla parola di Dio alla conversione, come un movimento ordinario delle menti, delle coscienze, delle azioni individuali e collettive, private e pubbliche. Se la parola del Papa è riferita alla vita e alla banalità dei mafiosi, e alle violenze che la mafia produce, a noi, Chiesa, Popolo di Dio, viene domandato implicitamente di scegliere, di continuare a sperimentare di essere

cristiani, e cristiani perchè osiamo essere liberi e fedeli in Cristo.

 

Nell’ordinario prosieguo della nostra vita, possiamo scegliere però un modello o un altro, un comportamento piuttosto che un altro. Spesso le difficoltà, i condizionamenti che attanagliano la nostra vita, ci portano a scegliere la chiusura verso l’esterno, verso una partecipazione attiva ai cambiamenti, ma se, solo un attimo, pensiamo al futuro dei nostri figli, che altra scelta abbiamo se non quella di trovare gli strumenti per partecipare alla lotta alle mafie che soffocano i territori del nostro paese, le periferie urbane o rurali, le città, le regioni dove viviamo?

La mafia viaggia attraverso il mercato, dentro e fuori il nostro sistema sociale, economico, politico.

La mafia continuamente invade le nostre vite, entra dentro il confine tra vita pubblica e vita privata.

A chi tocca, se non a noi, di percepire i condizionamenti delle mafie, oppure restarne invasi, e scegliere il silenzio, l’indifferenza , la complicità?

Come cristiani osiamo allora preghiera e coraggio, missione e testimonianza del Vangelo.

Noi, tutte e tutti ( nessuno escluso), donne e uomini che abitiamo questo paese, vogliano contribuire a un annuncio di giustizia e verità. Ma sappiamo che prima dell’annuncio viene la denuncia del male, che bisogna vivere questo tempo sporcandoci le maniche e osando una conversione dei mafiosi ma, prima di loro, osando una conversione di noi stessi.

Siamo donne e uomini che vivono in differenti territori d’Italia.

Non dimentichiamo, perché lo percepiamo ogni giorno, che il clima che si respira dentro il nostro paese, come aria inquinata, sembra mal tollerare che si vada avanti nella lotta sulle verità delle stragi, sulla causa delle morti di Falcone e Borsellino, ancora e specificatamente, per entrare nei nodo di questi giorni, che sul magistrato Nino Di Matteo pende una sentenza di condanna a morte da parte della mafia. E che infine il rischio meno grave sia il suo isolamento, lo sgretolamento della sua azione di magistrato.

Non dimentichiamo di essere popolo di Dio, che esercita con la coscienza il suo potere sovrano su ogni territorio.

Non dimentichiamo che per non essere succubi e complici della banalità del male, conviene partecipare evangelicamente alle azioni politiche collettive, proprie della società civile.

Stare dalla parte di Nino di Matteo, oggi, non può essere solo la scelta di una parte della società civile.

La sua vita riguarda tutti, perchè di tutto il paese egli si è preso carico, cercando di slegare il nostro Stato dall’asservimento al sistema imposto dai poteri mafiosi.

Si tratta di una lotta. Si tratta di lottare per la conversione del paese alla legalità.

Noi, oggi, vogliamo riflettere e pregare a partire dalla memoria di Giovanni Paolo II che ad Agrigento ha gridato contro la mafia.

 

Oggi guardiamo con attenzione all’azione di Papa Francesco e al suo spingersi con le parole della coscienza ai mafiosi: “vi prego in ginocchio di convertirvi”.

Chiediamo a noi stessi, e a tutti, di spingere l’opinione pubblica (e quindi esercitare un’azione) nel paese.

Le nostre menti, la nostra coscienza, il nostro stare da adulti in relazione dentro e fuori le comunità ecclesiali, vuole un annuncio specifico del Vangelo contro ogni mafia, ogni abuso, ogni condizionamento e violenza alle nostre vite e al paese intero.

Nei decenni che si sono susseguiti dalla nascita della Costituzione, spesso tante generazioni di cristiani hanno sentito tristezza e disagio, guardando come lo stato sia stato spesso assente, quando e dove la gente chiedeva legalità e possibilità di vivibilità sociale.

Tristezza e disagio per tanti anni costatando come la Chiesa, intesa specificatamente come Chiesa locale, si sia fermata quasi sempre a dichiarazioni formali contro criminalità e mafia.

Nel corso di questi decenni, di contro a questa logica, tante, differenti e specifiche e anonime, azioni pastorali, di vescovi, preti, comunità parrocchiali, sono rimaste di fatto interpretate nella loro funzione di valore, ma non adottate e elaborate nella confessione della stessa vita delle comunità.

Tante sono le domande fatte da donne e uomini del popolo di Dio.

 

Perché le Chiese locali non hanno quasi mai alzato la voce per gridare il Vangelo sui tetti?

Perchè, e per quali dinamiche di esclusione, si è lasciati soli chi si è opposto, e gli si è fatta intorno terra bruciata, aprendo invece le porte delle parrocchie e i sacramenti alla banalità dei mafiosi?

Perché come Chiesa, Popolo di Dio, abbiamo lasciato inascoltato il grido lacerante di Giovanni Paolo II ad Agrigento contro i mafiosi?

Perché nelle parrocchie, quando si racconta il Vangelo, non si fa ammenda per ogni paura che non ha concesso coraggio?

Perché la pastorale delle chiese locali, non fa catechesi partendo da una comprensione profonda per quei martiri che sono stati don Pino e don Giuseppe Diana?

Perché alla memoria della loro vita non fa seguito il coraggio contro la mafia?

Perché con lo stesso fervore che abbiamo avuto dinnanzi al santo Giovanni Paolo, non andiamo avanti con sana inquietudine nella missione del Vangelo? Perché ?

 

Se non è questo il tempo in cui la Chiesa nel nostro paese potrà annunciare con coraggio la Parola di Cristo, quando sarà mai?

Se non è questo il tempo in cui le parole contro la banalità della mafia, la domanda di conversione per i mafiosi diventano legge e coscienza creativa per ognuno, quando mai lo sarà?

Se non è questo il tempo di una catarsi ecclesiale, che spiega e fa proprio il magistero del Papa, i documenti della Cei, l’azione nelle parrocchie di preti, e dei religiosi, quale altro tempo lo sarà?

Non possiamo allora sognare, pregare e lottare per un’elaborazione ordinaria e felice alla lotta alle mafie?

Possiamo osare una catarsi umana, e cristiana, una rivoluzione molecolare interna alla chiesa, che parte da dentro le case, dalle famiglie, dalle comunità vive, dalla chiesa nel frammento delle sue azioni, e dei suoi segni della fede in Cristo?

Possiamo chiedere alla nostra coscienza, alla nostra azione ordinaria, alle nostre specifiche azioni collettive, alla nostra voce, di rimettere in crisi poteri e equilibri per annunciare con coraggio la Parola di Cristo?

 

Che bella utopia da costruire insieme, quanto lavoro da fare, quanta voglia di Evangelo vivo nella pelle e nel cuore di ogni cristiano!

Coraggio Chiesa, Popolo di Dio annuncia il Vangelo!

Coraggio Chiesa, nei luoghi della testimonianza e della missione delle comunità vive, con la preghiera e l’annuncio di Gesù di Nazareth, il Signore.

Coraggio Chiesa, per quanto sia lacerante il confronto tra Vangelo e mafia!

Coraggio popolo di Dio in cammino, andiamo avanti pronti ad osare preghiera e missione, ortodossia creativa dell’annuncio evangelico, ma anche obbedienza disarmata dinnanzi alla parola di Dio o un modo giusto al nostro esistere, nelle azioni pastorali.

Coraggio Chiesa! Fa’ sentire con forza la Parola di Dio.

Coraggio Chiesa, non lasciamo soli gli uomini di buona volontà .

Coraggio, Cristo ci dia coraggio.

Coraggio per essere solidali e portatori di solidità ai percorsi democratici e di legalità dentro tutti i territori del nostro paese.

Coraggio, bisogna trovare gli strumenti per spingere e diventare collettivamente opinione pubblica contro ogni liquefazione delle garanzie della Costituzione nel paese, e delle sue leggi.

Coraggio Chiesa, fai sentire la tua compagnia alle Magistrature, e ai magistrati dove il conflitto tra legalità e banalità del male è pericolosamente lasciato a se stesso, nelle tante forme d’indifferenza.

Coraggio Chiesa. E’ il momento di scelte concrete del tuo popolo in cammino.

Coraggio, nella scelte che condizionano il futuro sostenibile di tutti.

Coraggio, contro ogni equilibrata distanza da quell’annuncio del Cristo Risorto, che passa necessariamente dalla presa in carico e dalla denuncia delle strutture sistemiche inique.

Coraggio e coscienz,a fino a tremare pensando che occuparsi dei fatti propri, disinteressarsi della vivibilità fuori dalla soglia della propria casa, restare in silenzio giorno dopo giorno d’innanzi ai mafiosi, è la stessa negazione di noi stessi, delle nostre coscienze, del futuro per i nostri figli.

Ci vuole coraggio e coscienza e attaccamento alla terra per capire il nodo delle parole del cuore di papa Francesco “Vi prego in ginocchio”.

Coraggio Chiesa, dentro tutto il paese, non lasciar solo Nino Di Matteo. Sii compagna per ogni donna e uomo che osa gridare giustizia e pace.

Coraggio Chiesa, che sei specifica nel territorio di ogni chiesa locale.

Sii tu stessa la voce di Francesco contro la mafia.

Coraggio Popolo di Dio, questa Pentecoste, ci dia la forza di essere, in ogni strada d’ Italia, portatori di comportamenti liberi e felici in Cristo, frammenti di chiesa dal basso.

Coraggio Chiesa, nell’essere madre e maestra ma anche sorella e compagna di chi sta già camminando un passo dopo l’altro.

Vieni Spirito di Cristo, aiuta la tua Chiesa e tutti nel Popolo di Dio alla preghiera, alla vita, al coraggio, alla testimonianza della missione, a dire no ad ogni mafia nel nostro amatissimo paese.

salvatore.ognibene

Nato a Livorno e cresciuto a Menfi, in Sicilia. Ho studiato Giurisprudenza a Bologna e scritto "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti" (ed. Navarra Editore).

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