L’EcoMuseo Urbano
MareMemoriaViva: memoria e riqualificazione del fronte a mare di Palermo
Spesso viene considerato anacronistico l’uso di ricorrere alla saggezza popolare per comprendere fenomeni anche assai complessi, come l’involuzione sociale e ambientale di una città tragicamente importante come Palermo.
Per esempio, una testimonianza straordinariamente lucida di un anziano di una borgata marinara ha fissato, in modo indelebile, l’evidente abbandono del mare da parte della città di Palermo. Una città che, incredibilmente, ha “girato le spalle” alla straordinaria risorsa della sua lunghissima costa, il cosiddetto “fronte a mare” o water front, come si ostinano a dire gli irriducibili dell’esterofilia linguistica, anche quando francamente inopportuna.
Constatava il vecchio saggio con le sue parole essenziali: “A Palermo quando si vuole sottolineare l’inutilità assoluta di qualcosa, a volte insieme al suo essere dannosa, si consiglia o si intima, secondo i punti di vista: ma vallo a buttare a mare!”
E questo hanno fatto nei decenni i palermitani, a partire dalle loro istituzioni che dovevano salvaguardare lo straordinario patrimonio ambientale del litorale –tanto vario quanto attraente- di una splendida città di mare e dell’enorme potenziale socio-economico che da esso poteva derivare.
I palermitani hanno buttato nel loro mare di tutto: rifiuti e scarti di tutti i tipi, addirittura le macerie dei bombardamenti alleati.
Il sacco edilizio dei Lima e Ciancimino
E poi quelle del sacco edilizio della Palermo dei Lima e Ciancimino, comprese quelle delle ville liberty fatte esplodere di notte dai palazzinari mafiosi per aggirare sbrigativamente ogni eventuale vincolo legale per fare posto a orrendi e altissimi scatoloni in dedali stradali inestricabili.
Palermo ha anche girato le spalle al suo mare sovrapponendo alla sua vista quante più barriere possibili, spesso lerce e bruttissime, in un arco ampissimo, ponendo una frattura profonda tra terra e acqua e impedendo, di fatto, quella continuità tra mare e città che in giro per il mondo ha fatto fortune socio-economiche, anche in contesti urbani di ben minore potenzialità rispetto a Palermo.
Da qui prende le mosse – e non è poco – l’intuizione dei giovani di Clac, un gruppo di organizzatori culturali, parte di una delle più interessanti realtà di giovani imprenditori siciliani sorta all’interno del coworking Federico II, che ha progettato e realizzato un Ecomuseo urbano denominato Mare Memoria Viva. Il progetto è stato selezionato per il finanziamento della Fondazione Sud e ha ottenuto il partenariato del Comune di Palermo, della Regione Siciliana e della Soprintendenza del Mare.
Nell’antico Arsenale
L’EcoMuseo, ospitato in due interessantissimi luoghi della Palermo costiera: l’antico Arsenale e l’ex Deposito delle locomotive di Sant’Erasmo, è costituito da un insieme di installazioni che organizzano video, foto, tracce sonore, testi di diversa natura, per una fruizione efficace e coinvolgente. Come hanno voluto precisare i progettisti, “L’EcoMuseo è un museo del territorio che mette al centro la funzione sociale e la partecipazione della comunità”. O per dirla con le parole dello studioso Hugues De Varine, “un patto con il quale una comunità si impegna a prendersi cura di un territorio”.
Infatti, l’EcoMuseo è principalmente il prodotto del lavoro dei giovani progettisti e realizzatori che hanno avviato un lungo lavoro di ricerca sul territorio, non solo tra gli scaffali delle biblioteche e degli archivi pubblici, ma soprattutto tra la gente della “Palermo a mare”, che ha donato i suoi racconti ed esperienze ed ha aperto i cassetti dei ricordi di famiglia: fotografie, video, lettere, oggetti…
Un museo non statico
Si tratta di un museo non statico, la cui originalità è data dal naturale coinvolgimento della gente per farne il proprio luogo dei ricordi, ma anche di un presente da costruire partecipando ancora, anche con attività proposte per bimbi ed adulti. Un EcoMuseo fatto dalla gente e quindi sempre in divenire, perché potrà continuare ad arricchirsi di tanti altri apporti che riemergeranno da quello stesso mare così offeso e dimenticato. Un EcoMuseo che -raccontando attraverso le persone la storia di un territorio, nel caso del litorale di Palermo, violato, ferito e negato– evidenzia il fluire della vita, per quella che è stata e che è, con tutta la gamma dei sentimenti e delle vicissitudini presenti.
Insomma, il racconto attraverso un Ecomuseo del mare fatto da Memoria Viva perché, come puntualizzano ancora i giovani di Clac “il mare racconta molto della città che c’era, che c’è e che potrebbe esserci”: storie positive di lavoro, di relazioni umane, di solidarietà, di quotidiano eroismo.
Ma anche storie negative, fatte di abbandono e degrado sociale, dominio mafioso, corruzione e devastante abusivismo edilizio. Allora l’EcoMuseo può diventare soggetto culturale rilevante per la crescita di una società attraverso la riqualificazione di una costa di straordinaria bellezza, di enorme potenzialità; e non possiamo capire come Palermo abbia voluto e potuto voltare le spalle al mare, con cieca volontà di abbandono e distruzione.