domenica, Novembre 24, 2024
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25 APRILE: il dovere dell’ascolto

Il cielo primaverile berlinese mostra il suo grigio caratteristico e le facciate di quella che fu la sede dell’Alto Comando dell’Esercito tedesco non sono da meno. Un piccolo sprazzo di verde nell’ampio cortile interno e due blocchi in pietra completano il quadro. Questi ultimi sono trasversali al cammino e si estendono in lunghezza e in grigiore. La guida turistica invita ad oltrepassarli: del gruppo vacanze qualcuno rimane fermo, qualcun’altro, stupito, supera il primo blocco. Pochi centimetri non sono un grande impedimento. Ma davanti al secondo alcuni rimangono fermi, altri provano il salto, taluni tornano indietro. In pochi lo superano, qualcuno cade. Sono bastati due blocchi in pietra e il gruppo vacanze ha capito cos’è la Resistenza.
Il complesso edilizio Bendlerblock nella sua semplicità è la perfetta metafora di ciò che accade in tutti i paesi soggetti a regimi dittatoriali.
Un momento di crisi economica e di incertezza politica, una nuova fazione animata da un’ ideologia in grado di interpretare i malesseri del popolo e di strizzare l’occhio all’alta borghesia: gli ingredienti sono sempre gli stessi. L’edificazione del regime continua con la creazione del consenso e l’intimidazione mediante forze paramilitari. È l’evoluzione di tutti le dittature, è la lezione che la Storia insegna, ma non ha scolari.
La Storia insegna anche che ad ogni regime si accompagna una vasta zona grigia di apparente consenso e di taciti lamenti. Una folta schiera di imperturbabili, incapaci di prendere una posizione, fermi dinnanzi ai due blocchi. Tale schiera inizia a sgretolarsi quando il regime mostra il suo lato più sanguinario e violento. Allora, seppure con rischi sempre maggiori, iniziano a venir fuori, a prendere colore, pochi coraggiosi esseri viventi, pronti a divenire uomini.
Essere uomini, ovvero riconoscere nella finta mano gentile del potere la stessa che massacra gli oppositori. Un riconoscimento formale e sostanziale, combattuto con le parole e alla fine con le armi. Quest’ultima è una violenta necessità, chi oggi se ne scandalizza pecca di ingenuità e finto buonismo.
Questo è quello che hanno fatto gli uomini e le donne della Resistenza italiana, che oggi 25 aprile viene ufficialmente celebrata e troppo poco ricordata. Una sola parola che racchiude ideologie, volontà, errori (tanti ed innegabili), che non si esauriscono certo in una corona di fiori su di una lapide. In essa sono racchiusi tutti coloro che decisero di parteggiare, di prendere una posizione e di attraversare i due blocchi, né santi, né diavoli, né eroi. Semplicemente, uomini. A tali uomini dobbiamo questo bistrattato Stato, pieno di difetti e di criticità, ma uno Stato libero. Troppi ‘ma’ si levano quando si ricordano quei partigiani, ingrati sputi sui loro cadaveri e sul loro sangue ancora fresco. Un sangue di certo non innocente, tuttavia versato anche per noi italiani liberi.
Di quelli che riuscirono ad attraversare i due blocchi, ne restano sempre meno. La loro voce si fa ogni giorno più debole, sovrastata dalle polemiche che caratterizzano questa ricorrenza. È ormai improrogabile raccoglierne il testimone da trasmettere alle future generazioni, un patrimonio che non possiamo perdere.
Accogliamo dunque questo 25 aprile con le orecchie ben aperte e il cuore colmo di gratitudine, è il minimo che possiamo fare, tutto il resto è sterile retorica.

salvatore.ognibene

Nato a Livorno e cresciuto a Menfi, in Sicilia. Ho studiato Giurisprudenza a Bologna e scritto "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti" (ed. Navarra Editore).

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