10 gennaio 1974, Angelo Sorino, il poliziotto che non smise mai di esserlo
Per loro, per i mafiosi, era un poliziotto nell’anima. Lo dimostrava il fatto che, nonostante avesse raggiunto i limiti d’età e che dopo 54 anni di polizia potesse aspirare in piena legittimità alla pensione, aveva accettato di prestare servizio ancora per un po’, otto mesi in tutto. Il maresciallo di pubblica sicurezza Angelo Sorino, 57 anni, si era ritrovato così in forza al quartiere Resuttana di Palermo, poi divenuto San Lorenzo, fino al 1 gennaio 1973. Poi basta, la divisa l’aveva messa via.
Però continuava, il sottufficiale, a essere poliziotto. Passeggiando per il quartiere, andando al mercato o al bar, chiacchierava, ascoltava, appuntava mentalmente informazioni che poi riferiva ai colleghi ancora in servizio. Informazioni talvolta utili a contrastare i clan di quella zona di Palermo, una zona dove la mafia si era diffusa fin troppo capillarmente. E quell’attività del poliziotto, ai boss di quel rione, proprio non andava giù.
Quando non faceva ciò, però, Sorino cercava di dedicarsi alla famiglia, ai quattro figli, anche se la sospirata pensione se la poté godere solo un anno: il 10 gennaio 1974, un lunedì piovoso, giunse la fine a pochi passi da casa sua. Accadde nel quartiere San Lorenzo e il killer che lo uccise non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia. Infatti il maresciallo Sorino fu colpito alle spalle con una calibro 38 e a nulla valse quell’ultimo tentativo di ripararsi dai proiettili con l’ombrello che aveva portato con sé. Chi lo ammazzò, prima di darsi alla fuga, poi sparò ancora un paio di colpi. Ad attenderlo, per portarlo via, un uomo alla guida di una Fiat 500 rubata e a quel punto i due si diedero alla macchia.