Processo omicidio Domenico Noviello: Ergastolo per cinque degli imputati.
Finalmente, dopo due anni di estenuanti udienze, la Corte di Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dopo cinque ore di camera di consiglio, ha emesso la sentenza di condanna per i mandanti e gli esecutori dell’omicidio di Domenico Noviello, l’imprenditore casertano che sette anni prima di essere ucciso si era ribellato al pagamento del racket imposto dal clan dei Casalesi. L’ordine di ucciderlo fu dato da Giuseppe Setola per mandare un segnale terroristico a tutti gli altri imprenditori della zona. Fu ucciso in località Baia Verde il 16 maggio del 2008. Cinque ergastoli e due esemplari condanne, questa è la sintesi del processo, che ha visto Giuseppe Setola tra i principali imputati. L’ergastolo ed isolamento diurno è stato inflitto a Setola Giuseppe, Cirillo Alessandro, Cirillo Francesco, Letizia Giovanni, Napolano Massimiliano, mentre Di Bona Metello è stato condannato alla pena della reclusione di 30 anni (anche se il cumulo delle sue condanne arrivava fino a 43 anni). Invece, la pena inflitta a Tartarone Luigi è stata di soli 13 anni e 6 mesi di reclusione. Naturalmente, soddisfazione è stata espressa dal magistrato della DDA di Napoli dott. Alessandro Milita, che si è visto confermare non solo il suo impianto accusatorio, ma anche le pene che aveva richiesto sono state tutte pienamente accolte dalla Corte. Per la Fondazione Pol.i.s., come ormai facciamo per tutti i processi dove sono presenti i familiari delle vittime innocenti, ho seguito quasi tutte le udienze di questo lungo e complicato dibattimento, insieme a pochi colleghi giornalisti, come Raffaele Sardo di Repubblica, Mena Grimaldi e Tina Cioffo del Mattino e Antonio Pisani dell’Ansa. In questi anni ho avuto il privilegio di stare vicino ai figli di Domenico Noviello, Massimiliano, Maria Rosaria ed in particolare a Mimma ed a Matilde. Un privilegio che non può che avermi arricchito ed essere anche oggi con loro è stata una esperienza unica, irripetibile. Per tutte le udienze le loro facce erano tese, preoccupate, a tratti anche arrabbiate, soprattutto quando si sono trovate di fronte ai continui cambiamenti di fronte di uno dei principali imputati, Giuseppe Setola, che un giorno si pentiva ed un altro ancora si pentiva di essersi pentito. Oggi, invece, alla lettura del dispositivo che condannava tutti gli assassini del padre, i loro volti, seppur solcati dalle lacrime, esprimevano anche soddisfazione. “Una sentenza esemplare, che va oltre le nostre aspettative”, è stato il com-mento di Massimiliano Noviello, che poi ha aggiunto: Questo si-gnifica che mio padre non è morto invano. Ora altri imprenditori troveranno il coraggio di denunciare. Se mio padre non avesse denunciato, sarebbe morto di rabbia”. Mimma Noviello, l’altra figlia di Domenico, abbracciata alla sorella più piccola Matilde, ha detto: “Non è stato giusto uccidere mio padre. Terminata la lettura del dispositivo, ho alzato gli occhi al cielo ed ho pensato: papà ce l’abbiamo fatta, non sei morto invano. Giustizia è stata fatta”. Qualche ora dopo, a dimostrazione del grande affetto che nutre nei confronti di chi le è stato vicino, mi scrive: “Mi sento stranamente sollevata. Oggi sono contenta e voglio ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicino a partire dai legali di mia sorella e miei, per come hanno saputo starci vicino sia tecnicamente, ma soprattutto umanamente”. Poi ha concluso: “Quella di oggi è una sentenza che fa storia. Mio padre non meritava di morire, era una persona buona ed in uno Stato civile e democratico, nessuno ti toglie la vita, per nessun motivo”. Per questa sentenza c’era grande attesa. Già in mattinata, alla riapertura del dibattimento, gli uomini addetti alla sicurezza del Tribunale hanno avuto il loro ben da fare, per selezionare le persone che potevano presenziare in aula. Fuori le telecamere e dentro solo le parti offese, i loro avvocati ed i giornalisti muniti di tesserino di riconoscimento dell’Ordine dei giornalisti. Ed ecco che, come di consuetudine, puntuale è arrivata la richiesta dell’imputato Giuseppe Setola, che vuole rendere dichiarazioni spontanee: “Ho detto un sacco di bugie in questo processo”. Poi, come a voler mandare l’ennesimo messaggio ai suoi compagni, dice: “Ho sbagliato nei confronti dei miei amici. Si dichiara come un soggetto dalla doppia personalità a causa dell’assunzione di cocaina che gli avrebbe “bruciato il cervello”. Degna di essere segnalata è la circostanza che in apertura è stata sollevata dal PM circa la richiesta di acquisire al dibattimento la parte del verbale di interrogatorio di Giuseppe Setola, redatto 11.11.2014, limitatamente alla parte nelle quali l’imputato spiega i motivi per i quali decideva di non collaborare più con la giustizia. “Non intendo più collaborare in quanto me lo ha chiesto mia figlia minorenne, che vive a Casal di Principe. Mia figlia non vuole andare via da Casal di Principe. E poi ho paura che uccidano anche mio fratello Pasquale e mio cognato Mario Baldascino”. Tuttavia, tale richiesta del P.M., Alessandro Milita, non viene ritenuta ammissibile dal giudice prima di ritirarsi in camera di consiglio per la decisione. Altro fatto molto importante per questo territorio, che per troppi anni è stato massacrato dalla camorra nell’indifferenza generale, è stato quello che le persone che volevano entrare in aula per assistere alla pronuncia della sentenza erano davvero tante. Associazioni e singoli cittadini, venuti anche da altre città. C’era Luigi Ferrucci della sezione di Castel Volturno dell’associazione intitolata proprio a Domenico Noviello. C’era l’imprenditore Pietro Russo della sezione di Santa Maria Capua Vetere, Geppino Fiorenza di Libera, ma soprattutto tanti, tanti familiari di vittime innocenti della criminalità. Così, intorno a Massimiliano, Maria Rita, Mimma e Matilde si sono strette soprattutto tante persone che come loro hanno avuto una analoga esperienza di morte: Antonio Diana, Pasquale Granata, Gennaro del Prete, Pasquale Scherillo e tanti, tanti altri. La sentenza riconosce, inoltre a tutti i familiari costituiti il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, come ha previsto il risarcimento degli enti che si erano costituiti in giudizio: Ministero dell’Interno, Regione Campania, Comune di Castel Volturno, Associazione Antiracket ALILACCO, Coordinamento Napoletane delle Associazioni Antiracket, Federazione Antiracket Italiana.